In fondo vince sempre la ragione

martedì 24 agosto 2021


Forse spesso faremmo bene a rileggere le opere incluse del Programma delle infrastrutture strategiche previsto dalla Legge 443/2001 (Legge Obiettivo) perché, in tal modo, capiremmo non solo la rilevanza infrastrutturale di alcune delle opere incluse in tale Programma ma capiremmo anche la forza strategica ed economica di alcune di esse.

Voglio prendere come esempio un’opera il quotidiano “Il Sole 24 Ore” ha riportato con un articolo dal titolo: “Il Terzo Valico rilancia la linea ferroviaria promossa da Cavour”. Sì, Camillo Benso conte di Cavour nel 1854, addirittura prima dell’asse ferroviario Torino-Milano, concepì e realizzò il segmento Novara-Alessandria in anticipo sulle esigenze dell’epoca ma prefigurando il collegamento con i futuri valichi alpini, con la Svizzera, con la Germania, con il Belgio e con l’Olanda. È davvero interessante pensare che questo segmento di 67 chilometri fu concepito prima della Unità d’Italia, in particolare dall’allora Regno di Sardegna e leggendo i vari documenti si scopre che volutamente tale tratta nacque con lo scopo di migliorare i collegamenti tra il porto ligure e la Svizzera in concorrenza alla via naturale di tipo fluviale garantita dal Ticino. I lavori di costruzione iniziarono sul finire del 1840 e il 3 luglio del 1854 i 67 chilometri furono completati; ricordo che faceva parte di tale asse anche il nodo di Mortara che sin da allora possedeva già un’apposita area merci.

Quindi Cavour, 180 anni, fa concepì un primo segmento di quel canale secco che sarebbe poi diventato il collegamento di due mari: il Mare del Nord e il Mediterraneo. Un canale secco che, oltre a interessare due grandi sistemi portuali, sicuramente i più determinanti e i più strategici dell’intera realtà europea (Genova, La Spezia nel Mediterraneo e Rotterdam e Anversa nel Mare del Nord), coinvolge e riguarda direttamente e indirettamente nodi intermodali, piastre logistiche come quelli di Mortara, di Novara, di Basilea, di Mannheim, di Colonia e di Düsseldorf. Un canale secco ricco di nodi logistici chiave.

Eppure, questo asse strategico, inserito nelle Reti trans european network (Ten-T) nella edizione del 2004 e riconfermato nella edizione del 2014, in quella edizione con soli 9 Corridoi, questo asse strategico ampiamente voluto e condiviso dalla Unione europea e in particolare dalle due realtà portuali di Rotterdam e di Genova, questo asse supportato da analisi economiche effettuate dal soggetto preposto all’assistenza e alla istruttoria delle proposte e cioè dalla Banca europea degli investimenti (Bei), questo asse per ben due anni è rimasto bloccato da due ministri della Repubblica: Graziano Delrio attraverso il ricorso al “project review” e Danilo Toninelli attraverso il ricorso all’analisi costi benefici.

Sembra incredibile che un’opera strategica così essenziale e così rivoluzionaria per gli assetti macroeconomici e logistici non di due Nazioni ma della intera Unione europea abbia poi trovato il blocco da parte di due ministri che, sono sicuro, erano stati informati male dai propri collaboratori perché, politicamente, l’approfondimento sulla essenzialità dei progetti era completamente indifendibile. Era indifendibile perché tale asse nei prossimi anni diventerà la base ottimale per la costruzione di ciò che da molto tempo la Unione europea sta cercando di costruire formalmente: mi riferisco alla istituzione dello strumento della “Società di Corridoio”. Una Società formata proprio dai vari operatori dei nodi logistici che, ubicati su tale asse, su tale corridoio, ottimizzeranno i vari investimenti e daranno vita a una Società da quotare in Borsa. Non è una proposta teorica o fantascientifica perché, se analizziamo la quantità di merci che si muoverà lungo tale asse e le occasioni che i vari nodi logistici avranno e già hanno per stoccarle, manipolarle e movimentarle, ci si rende conto che si è in presenza di una quantità superiore ai 30 milioni di tonnellate. Ci si rende conto, cioè, che si è in presenza di un margine annuale prodotto dalle attività logistiche che supera i 400 milioni di euro. Ci si rende conto di cosa sia l’interesse e la forza generato dalla ottimizzazione dei processi logistici e, soprattutto ci rendiamo conto di come questa forza superi la logica delle dogane, la logica dei confini, la logica degli interessi di parte e diventa motore di crescita e sviluppo del Pil non di uno Stato ma di più Stati d’Europa.

Dopo la Legge Obiettivo, dopo il Programma delle infrastrutture strategiche (Pis), finalmente oggi disponiamo del Recovery Plan che per oltre il 95 per cento contiene scelte, come da me più volte ricordato, della Legge Obiettivo. Per me e per tutti coloro che hanno lavorato perché si attuassero concretamente le volontà non di uno schieramento politico ma del Parlamento che nel 2001 approvò la Legge 443/2001, perché si attuasse il Programma delle infrastrutture strategiche, tutto questo rappresenta il successo di una linea strategica che ha superato, per la prima volta, la logica della programmazione provinciale ed è assurta ad una dimensione, purtroppo non capita dai Governi che si sono susseguiti dal 2015 al 2020, che si colloca ad una scala sovranazionale davvero encomiabile.

Ripeto, fortunatamente l’edizione del Recovery Plan redatto dal presidente Mario Draghi ha confermato tale linea e questo testimonia che in fondo vince sempre la ragione. Ci rimane solo il triste sconforto, la forte delusione degli anni persi.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)