mercoledì 14 luglio 2021
Sigmund Freud ci ha insegnato che tutti abbiamo diverse fasi psicologiche nello sviluppo della persona. Tra queste fasi c’è quella omosessuale, da lui considerata come una fase di transizione dello sviluppo umano. Non a caso l’omosessualità è stata per molto tempo considerata una malattia psichica e moralmente come una perversione, mentre nel passato l’omosessualità era considerata una variante rispetto alla normalità. Sì, ma il problema dei problemi è comprendere cosa si intende per normalità. L’antropologia ci insegna che questo concetto varia nel tempo e nelle culture, ma le sue evoluzioni hanno sempre tenuto presente almeno un parametro, quello biologico sulla riproduzione della specie e anche il suo mantenimento. Mentre il primo è chiaro, il secondo evolve con la conoscenza e la cultura che ne deriva. Se applichiamo la teoria evoluzionista alla cultura possiamo dire che quando essa nel suo processo costante del divenire si scosta dalla sua funzione primaria e cioè l’esistenza della specie essa perisce. Dunque, la funzione primaria della sessualità è la procreazione. L’evoluzione culturale ha elaborato anche il piacere del sesso fine a se stesso. In questa prospettiva la sessualità tende alla ricerca del piacere che si manifesta sia in modo etero che omosessuale, visto che l’obbiettivo non è più la procreazione, anzi nel mondo giovanile essa si ispira a modelli culturali libertari i quali, grazie alla scienza, prevedono metodi anticoncezionali proprio per evitare la procreazione.
Inoltre, Freud ci ha insegnato che di norma coloro che provano sentimenti forti di disgusto o di panico violento verso l’omosessualità sono persone che non hanno saputo affrontare la loro omosessualità e dunque potremmo definire gli omofobi degli omosessuali che si vergognano della loro propria omosessualità. Comunque, chiunque usi violenza verso un altro essere umano, va condannato con le eventuali aggravanti. Ma da qui, a proporre modelli comportamentali educativi legati all’omosessualità come modelli eguali a quelli eterosessuali è da ignoranti nel senso etimologico del termine. Un fatto è educare al rispetto della diversità, altro è proporlo come modello della normalità. Possiamo definire l’omosessualità un comportamento moralmente lecito e tutelato in un sistema democratico. In entrambi i casi (etero e omo), oltre al desiderio sessuale che si vuole appagare è sempre presente la componente emotiva affettiva che possiamo definire attrazione-innamoramento-amore, che hanno sicuramente pari dignità, sia se si esprimono tra una coppia etero sessuale che omosessuale.
Oggi si parla molto di una società liquida, la quale ha trovato nella teoria del relativismo scientifico, un alibi per un relativismo culturale che nega la verità e dunque la verità scientifica. La vita e la morte sono uguali per tutti, ma il loro percorso e la loro fine, per quanto composte degli stessi sentimenti, sono profondamente diversi nella realizzazione dei vari individui. Ma tutti hanno un punto in comune che è la procreazione come mantenimento della specie umana. La cultura liberale è quella cultura che permette in questo paradigma: la libertà del proprio piacere ma vincola l’ordinamento alla tutela della specie umana. Purtroppo una pseudo cultura liberale impregnata di un mal concepito egualitarismo sociale, con un retro pensiero marxista sostiene che tutto sia uguale e che non esistono le differenze, e se esistono sono diseguaglianze che meritano di essere eliminate. Dunque, si confondono diritti con principi astratti e desideri. Sono le stesse mentalità che, in un sistema democratico, consideravano giusta la violenza proletaria per eliminare un’ingiustizia sociale vera o presunta. Oggi si parla di generi, ma la realtà scientifica ci dice che sono sempre due.
Il Ddl Zan pone un problema nel rapporto tra natura e cultura. La natura non può che confermarci che i generi sono due, la cultura in questo cortocircuito, relativistico, invece di dirci che le sensibilità possono essere diverse nell’animo umano e che ovviamente vanno rispettate, ha la pretesa di voler modificare una realtà vera con una che non esiste mediante legge. Purtroppo, la cultura utopica che pensavamo di aver sconfitto con la fine dell’egualitarismo comunista, si ripresenta sotto le mentite vesti dei diritti, ma in realtà segue un sogno, un mito, che se si realizzasse sarebbe una orribile prigione, anche per chi oggi la invoca. Queste utopie libertarie invece di scegliere la strada riformista che prevede una crescita culturale sul rispetto delle persone e delle loro scelte sessuali che vanno tutelate scelgono la strada giustizialista a loro più consone, avendo come modello non la società liberaldemocratica che li ha fatti crescere, ma quella giacobina e dunque autoritaria, che è affine per alcune minoranze alla loro visione elitaria ed individualistica della società.
Mi lascia perplesso il silenzio in questo campo da parte delle istituzioni universitarie, ordini professionali, e del mondo della cultura in genere. Come se affrontare questi argomenti in un confronto aperto sia pericoloso, per cui diventano i vari Fedez i santoni del pensiero moderno, mentre questo dovrebbe essere un dialogo tra persone competenti e non burattini da avanspettacolo.
(*) Tratto dal blog Le sfumature del garofano rosso
di Roberto Giuliano (*)