lunedì 12 luglio 2021
Roma, via Frattina. Due ragazzi con camicia, cravatta e faccia anni Sessanta aggiornata propongono ai passanti Lotta comunista per due euro. Sono carini, educatissimi, anche quando con un sorriso danno del lei e suppongono che chiunque sia stato di sinistra. Magari per un quarto d’ora. Li guardo perplesso, poi compro Lotta comunista. E non me ne pento affatto.
Chi, come me, ha vissuto in una regione rossa dittatoriale, in cui l’unica differenza con i sovietici erano le tante lire in confronto ai pochi rubli, conosce il pensiero unico, le frasi che terminano con “democratico e antifascista” anche se si parla di prezzemolo e ravanelli. Ma quel pensiero unico, che ho sempre detestato, era il frutto di una cultura. Giusta, sbagliata, forse ottusa. Ma con radici, ragionamenti, contorsioni su basi reali, anche se spesso poco realistiche.
Ora la politica non esiste proprio e il simbolo di ciò che governa le nostre vite è “Nulla”, deliziosa canzone di Frida Bollani, degna figlia del più grande genio musicale di questo millennio. Il nulla politico che viviamo da troppi anni è il mosaico mai combaciante di messaggi vacui, simili a quelli degli sconti “solo per te”, del sostenibile, degli yogurt salva-pianeta. Cultura prosciugata per fare tabula rasa su cui scrivere Nulla all’infinito.
Assistendo al suicidio collettivo di quelli che annunciarono agli italiani di avere sconfitto la povertà in quattro giorni, residui cittadini pensanti si chiedono come ci si sia affidati a gente del genere, che ha dittatorato e claustrofobizzato l’Italia pandemica, comprando mascherine trash, banchi a rotelle e progettando tendoni faraonici per vaccinazioni incerte.
Avvocaticchi ascesi a vertici impensabili con la parola “prestanome” che non appariva sulla carta, ma era scritta in cielo, dalle nuvole. Solo pochi mesi fa erano dittatorelli sprezzanti e solo ora tutti sono certi della loro nullità. Ora? Solo ora? Pecoronismo di un popolo che soffre di eccessi individualistici e che, al cambio del vento, insulta chi aveva votato, ma con argomenti spesso sbagliati: vendere bibite o animare discoteche è vitalità giovanile. Dunque, è un errore colpire Luigi Di Maio o chiamare Alfonso Bonafede dj Fofò. Il problema, semmai, è che fra Fanta, mixer e ministero, ancora una volta c’è il Nulla.
Dopo ogni guerra ci sono macerie e spuntano sciacalli. Ma c’è anche un nuovo Piano Marshall che si chiama Mario Draghi: inizia rimuovendo tutti gli Arcuri con seno inferiore a novanta e, per fortuna, prosegue. Ma c’è ancora chi soffia sul fuoco che distrugge la cultura residua, continuando il lavoro grillino. E poiché gli italiani non hanno alcuna stima dell’Italia, le surreali nuove regole sul gender o la cancel culture sono spesso viste come qualcosa di globale, trainato da inglesi e dintorni, gente più brava e intelligente.
Così, mentre i nuovi soldatini sono disposti a comprare un cavo sbagliato per evitare il sessismo nei confronti delle spine jack (notizia di questi giorni) Draghi resta l’uomo solo al comando. Con tanti che non capiscono e il Partito Democratico che gira come una trottola (a 360 gradi, come dicono quelli che sanno).
Ma quello che Orazio, nelle Epistole, aveva previsto in positivo (Graecia capta ferum victorem cepit, la Grecia conquistata conquistò il feroce vincitore) ora si ripropone in negativo: la nuova, finta sinistra si accoda al Nulla che si auto-annulla, considerandolo ancora un modello di modernità comunicativa.
Alla luce di queste considerazioni, quando starò a Roma, per raggiungere Trinità dei Monti eviterò lussuosi Condotti e tornerò dal cardinale Frattina, inconsapevolmente sperando di incontrare questi ragazzi. Lontani dalle mie idee, ma non dalla topografia della mia mente.
di Gian Stefano Spoto