La voce della Destra Liberale Italiana a Salemi

mercoledì 30 giugno 2021


Il 26 giugno ha avuto luogo, nella splendida cornice del castello normanno di Salemi, un evento di presentazione del libro di Michele GelardiLa presunta superiorità antropologica dei comunisti, edito per i tipi di Amazon, nella collana di Destra Liberale Italiana. I lavori sono stati introdotti dall’avvocato Adelaide Terranova, consigliere comunale della Lega a Salemi, che ha organizzato il convegno di concerto con Maricò Hopps, coordinatrice provinciale della Lega di Trapani.

Terranova ha evidenziato che l’ideal-tipo del comunista, tratteggiato nel saggio di Gelardi, corrisponde certamente a una categoria astratta, non avendo la pretesa di descrivere l’uomo in carne ed ossa. Tuttavia, non si tratta di una mera creazione del pensiero, metafisica e metastorica; il modello tipologico aiuta a capire la realtà dell’oggi, riconducendo, com’è giusto che sia, la dottrina politica del comunismo, nelle sue varie declinazioni, vetero-post-catto-social-comuniste e radical chic, alle sue radici profonde, che albergano nella sfera intima della persona; riconducendola, insomma, a quel “comune sentire” dell’uomo-comunista, che alimenta la sua passione e orienta le sue scelte.

Sotto questo riguardo, l’Autore ha paragonato l’homo sovieticus, che esce dalle sue pagine, all’homo economicus, immaginato da Carl Menger. Il modello tipologico della Scuola economica austriaca descrive un uomo interamente dedito a massimizzare l’utilità economica e minimizzare i costi, mentre l’uomo in carne ed ossa è guidato, nelle sue scelte, anche da altre finalità; tuttavia, il modello dell’homo economicus ci aiuta a capire la dinamica del mercato, proprio perché non si sofferma sulle mille variabili del caso concreto.

Perché dunque il comunista nutre un sentimento di superiorità nei confronti dell’avversario politico? È questa la domanda iniziale della conduttrice, la quale in verità costituisce il filo rosso di tutti gli sviluppi del convegno. L’Autore risponde esaustivamente nell’intero arco del suo intervento; inizialmente cita il libro di Luca RicolfiPerché siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori prima e dopo le elezioni del 2008”, nel quale è documentato che oltre la metà degli elettori di sinistra politicamente impegnati nutre tale sentimento (mentre la corrispondente percentuale nell’elettorato di centrodestra raggiunge appena il 13 per cento). Questo sentimento va di pari passo col moralismo-giustizialismo del comunista, il quale non può distinguere correttamente la norma etica da quella giuridica, per la necessità di asserire il suo programma politico come “Bene” supremo, vincolante per tutti. Il Ddl Zan è esemplificativo in tal senso, poiché tende ad asserire un’ortodossia e criminalizzare il dissenso. Al contempo, il comunista smarrisce la distinzione tra la politica e il diritto, poiché non riconosce il rapporto di pretesa-obbligo che nasce nei rapporti inter pares e costituisce, nella concezione liberale, un limite a qualsivoglia provvedimento dell’autorità politica.

Ne deriva, secondo Gelardi, l’inevitabile propensione del comunista a sottovalutare l’uomo nelle “misere” spoglie carnali dell’individuo, e sopravvalutare l’uomo, nelle spoglie del demiurgo politico, che indirizza le sorti dell’umanità. E poiché l’intervento dello Stato si realizza necessariamente mediante l’attività di apparati burocratici, il comunista non può che essere “burocratofilo”. Egli si lamenta dei ritardi e delle inefficienze della burocrazia, ma ne determina i presupposti, perché pretende la “tutela” dello Stato in tutti gli anfratti della vita di relazione. Questa ingerenza degli apparati pubblici viene giustificata dal comunista con la bella parola “socialità”. E infatti si tratta solo di una bella “parola”, assolutamente inidonea a configurare una reale “superiorità morale”; dietro questa parola non c’è alcun vero afflato sociale; questa socialità di carta non involge alcun apporto individuale della persona, ma solo una comoda delega allo Stato; in sintesi non si tratta di vera socialità, bensì di fiscalità.

La pervasiva “tutela” di Stato, che accompagna il cittadino “dalla culla alla tomba”, sottende un’altra inevitabile propensione del comunista: la “prevenzione” assoluta. Nella logica del comunista non è sufficiente, per esempio, reprimere i reati ma è necessario perfino “prevenirli” e poco importa che tale “prevenzione” colpisca soggetti che non hanno commesso alcun reato, con provvedimenti liberticidi. Sotto questo profilo, la Sicilia è la “prima della classe”, con una casistica infinita di innocenti che subiscono ogni giorno i patimenti derivanti da misure di prevenzione, personale e reale.

Un pubblico molto attento ha seguito con grande interesse le parole del professor Gelardi e ne è sortito un vivace dibattito, nel corso del quale è intervenuto il senatore Francesco Mollame del gruppo parlamentare della Lega. Ha ricordato le tristi vicende dei Paesi dell’ex Unione Sovietica, sottolineando che sono ancora attuali gli effetti nefasti di un regime, fondato sull’onnipotenza di uno Stato a parole “salvifico e redentore”, in verità impegnato in “70 anni di marcia verso il nulla”. Quella storia non va dimenticata, deve ammonire le generazioni presenti e future sugli immani pericoli, derivanti da tutte le ideologie che pospongono la libertà della persona al presunto “benessere collettivo”.

(*) Componente della segreteria siciliana della Destra Liberale Italiana


di Fabio Cinquemani (*)