venerdì 7 maggio 2021
Ieri la Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati, nel corso delle audizioni sul ddl per il riconoscimento di uno status giuridico speciale a Roma Capitale, ha sentito il professor Sabino Cassese, che molto chiaramente ha detto di essere “perplesso davanti alle proposte che mirano a dare più poteri, anche legislativi, al Comune di Roma o al Comune trasformato in un ente-Regione, che si va ad aggiungere alle 20 Regioni già esistenti, sia perché non corrisponde all’esigenza di una Capitale al servizio della Nazione sia perché mi sembrerebbe singolare che un ente come il Comune di Roma, sostanzialmente fatiscente, debolissimo, che avrebbe bisogno di almeno 10 anni di bonifica prima di essere eretto a livello superiore, venisse premiato con l’attribuzione di compiti legislativi, che probabilmente non riuscirebbe nemmeno a svolgere”.
È evidente che si tratta di due argomenti molto deboli. Il primo è smentito dall’esperienza assolutamente positiva di molte altre importanti Capitali nel mondo, ad esempio Berlino, Vienna, Londra, Parigi o Madrid, che, in forme diverse, proprio perché Capitali al servizio della Nazione, sono dotate di poteri speciali. Il secondo argomento, in una logica democratica, è contraddittorio perché, in sostanza, si negherebbe a Roma un ordinamento speciale a causa delle cattive amministrazioni che hanno gettato la Capitale in un deplorevole stato di degrado. Questo ragionamento è confutato dal fatto che una cosa è il livello qualitativo di un’amministrazione, che in una democrazia discende dalle scelte dei partiti e dal voto degli elettori, altra cosa è il tipo di assetto istituzionale. Ma il professor Cassese, incurante di questa incongruenza logica, ha proposto di “procedere con una legge ordinaria che contenga una disposizione che preveda un intervento sperimentale, con una durata temporanea, per richiedere poi al legislatore un nuovo intervento dopo un’adeguata verifica”.
Purtroppo il professor Cassese, nel corso dell’audizione, non ha approfondito questo tema e nessun membro della Commissione gli ha chiesto in cosa dovrebbe consistere questo “intervento sperimentale”. Fortunatamente per approfondire il suo pensiero su questo punto ci viene in soccorso un suo articolo pubblicato sul “Corriere della Sera” il 1 settembre 2017, dove, già allora, egli prendeva come pretesto il gravissimo declino della Capitale per proporre “un piano straordinario per Roma che impegni tutto il Paese” e “che renda concreta quella ‘promessa’ che si legge nella Costituzione: ‘Roma è la Capitale della Repubblica’”.
Il professor Cassese, che fu uno dei più autorevoli sostenitori del tentativo renziano di una riforma costituzionale in cui non c’era nessuna considerazione per la Capitale, fa leva sulla situazione di grave sofferenza di Roma solo per dare urgenza a una soluzione semi-autoritaria con una parziale sospensione della democrazia, che consiste “nell’affidare le funzioni di rappresentanza ad una persona diversa dal sindaco” e, per quanto riguarda l’ordinamento speciale, porre “accanto al rappresentante scelto dal popolo, [...] un gestore che goda dei poteri necessari a intervenire sullo svolgimento delle attività di interesse generale: per esempio, un organismo politico, un ministro senza portafoglio che faccia sentire nella città gli interessi del Paese e un organismo tecnico che dia attuazione alla cura di questi interessi”.
Insomma, il sindaco e il Consiglio comunale democraticamente eletti, presi come nella morsa di una tenaglia, verrebbero nei fatti “commissariati” da figure imposte dall’alto. In questo progetto allora si capisce anche che quella che era un’incongruenza non è più tale in un contesto di restrizione della democrazia. Ma nella logica di uno Stato democratico è una grave contraddizione e, quindi, la proposta del professor Cassese è inaccettabile e va respinta decisamente. E resta il fatto, inoppugnabile, che per dare compiutezza alla Costituzione è fondamentale definire, nell’articolo 114, l’ordinamento e i poteri di Roma Capitale della Repubblica, perché, attualmente, nei fatti, è considerata alla stregua di qualsiasi altra città metropolitana, un’assurdità per una città che è al servizio di tutta la Nazione.
di Pier Ernesto Irmici