mercoledì 17 febbraio 2021
Nemmeno si è spenta la polemica sulla chiusura degli impianti invernali, che è partita a razzo quella sull’Italia e un altro lockdown che i soliti esperti invocano a gran voce sui giornali, sulle tv e su tutti i prosceni che hanno conquistato da quando è esploso il Covid. La vera malattia sembra la “dichiarazionite acuta”, come se si facesse a gara a chi parla prima e di più, come se dietro certi annunci tanto gravi non ci fossero vite, persone, famiglie, colpite e annientate, spaventate per non dire esasperate, sul presente e sul futuro del lavoro e delle attività. Ma è mai possibile che non si riesca a far capire che tecnici ed esperti debbano in pubblico tenere il becco chiuso su temi tanto delicati, che certe decisioni spettano solo alla politica, che alcuni annunci sparati in libertà possano provocare disastri di reazioni?
È mai possibile che non si capisca a quale livello di rabbia e di tensione sia arrivata la gente che produce e genera lavoro e fatturato. Perché sia chiaro: agli statali della crisi economica non gliene frega un tubo. Anzi, per loro va meglio, visto che con lo smart working fanno casa e bottega, nemmeno la fatica di uscire dal portone per avere il bonifico mensile. Da quando è scoppiato il Covid, se c’è stata una categoria protetta ancora più di quanto non sia mai stata è proprio quella dell’impiego pubblico mentre nel privato, quello delle aziende, artigiani, piccole imprese, ristoratori, albergatori, negozianti e così via col Covid si è aperto un dramma. È facile, dal caldo di uno stipendio e di un posto sicuro e spesso strapagato dallo Stato, parlare di blocco e di chiusura. Vorremmo vedere se toccasse a loro di stare senza entrate per mesi e mesi, di non sapere dove battere la testa per mantenere la famiglia, l’attività, la storia dell’impegno di una vita. Se toccasse a loro sentirsi presi in giro dai ristori del 15-20 per cento rispetto alla perdita da chiusura, se toccasse a loro aspettare i comodi di una burocrazia odiosa e che fa poco o niente. Se toccasse a loro essere avvertiti qualche ora prima che non si lavora più per tutto l’anno e che l’impegno a programmare e preparare va buttato via, senza una ragione convincente. Qui non si tratta solo della salute. Se è vero come è vero che il virus rappresenta un pericolo preminente per tutti gli italiani, è altrettanto vero che il blocco dell’economia, il fallimento, la serranda del Pil chiusa sono altrettanto gravi e pericolosi.
Ecco perché annunci e decisioni devono essere chiari, coordinati e soprattutto ragionati. Non può essere che ognuno dica una cosa. Qui siamo arrivati al caos più totale: sui tempi, sui vaccini, sui colori, sui ristori, sulle visite, sugli incontri, sul numero dei posti intorno a un tavolino, sulle pratiche da fare per avere qualche sostegno. È dall’inizio del Covid che ascoltiamo dichiarazioni, dalla pioggia di miliardi per tutti all’istantaneità della Cig (Cassa integrazione guadagni), dei click day, dei cashback, dei prestiti bancari, dei vaccini, dei tamponi. Insomma, ce ne hanno promesse di tutti i colori e poi ci hanno gettato nel caos: questa è la realtà e si preparano pure a inviarci 50 milioni di cartelle, perché i comunisti – per ipocrita ossessione – i condoni li fanno ai carcerati e basta. Mica si rendono conto che, senza una pace fiscale, stavolta sarà rivolta e non ci potrà mai essere una fiscalità davvero nuova senza la chiusura di quella vecchia, che è l’unica chiusura totale che servirebbe. Come non ci può essere una ripresa vera senza una soluzione immediata per i vaccini, per la scuola, per i movimenti, per le attività che producono lavoro e fatturato. Altro che impaurire solamente col lockdown, con le varianti, con le ondate. Qui a forza di terrorizzare e togliere libertà, si rischia di mandare fuori di testa la gente fino alla violenza. Poi andassero a parlare dei sovranisti che aizzano, quando ad aizzare è stata la demenzialità della politica di sinistra, giallorossa, che non ha deciso o ha deciso male o ha lasciato che a decidere fossero gli esperti, alla faccia.
Ecco perché, vista la partenza falsa, raccomandiamo a Mario Draghi – che è un decisionista – di mettere in chiaro coi ministri e compagnia cantante di stare molto più in silenzio, specialmente dopo l’ubriacatura insopportabile delle dirette di Giuseppe Conte. Insomma, servono poche parole e tanti fatti, altrimenti a finisce male, soprattutto in un Governo di emergenza composto dal diavolo e la croce, obbligati a stare assieme. Del resto, già la squadra è abborracciata e improvvisata, perché di molti si doveva e poteva fare a meno. Se ci si mettono pure i consulenti, i commissari incompetenti, gli esperti petulanti, siamo fritti tutti quanti. Chi vuole intendere, intenda.
di Alfredo Mosca