lunedì 15 febbraio 2021
Al di là del coro unanime di elogi rivolti a Mario Draghi, anche chi avrebbe magari preferito la via delle elezioni anticipate ha comunque accolto l’arrivo dell’ex-governatore della Banca centrale europea come una sorta di liberazione. Una liberazione dall’infelice routine a cui siamo stati sottoposti da marzo dell’anno scorso sino a qualche giorno fa, orchestrata dall’ormai ex-premier Giuseppe Conte, dal fido Rocco Casalino e da ministri come il titolare del dicastero della Salute, Roberto Speranza. Una routine fatta di continui Dpcm sull’orlo della incostituzionalità, di scandalose limitazioni della libertà personale, imposte soprattutto per sopperire alle palesi incapacità della politica, di una tragica negligenza sul fronte dell’economia. Ed infine, una nefasta abitudine di ammorbare il clima attraverso conferenze stampa o dirette Facebook, contrassegnate da mezze verità e bugie integrali, con gli annunci più dolorosi per gli italiani, come quelli relativi alle varie chiusure, lanciati all’ultimo minuto utile.
Siamo stati nelle mani di persone che non sanno davvero cosa significhi lavorare e fare impresa. Infatti, le ricadute economiche su quelle tante attività vittime dei vari colpi di lockdown, parziali o totali, sono state e rimangono pesantissime. Perciò, anche coloro i quali non vedono in Mario Draghi una sorta di figura divina scesa fra noi per compiere miracoli, hanno sperato, e in buona parte ancora sperano, non tanto in una grazia celeste, ma almeno in una sostanziale discontinuità con il modus operandi appena descritto. Purtroppo, la pubblicazione della lista dei ministri ha sollevato qualche perplessità più che fondata. Certo, il duo Conte-Casalino ha dovuto fare le valigie, non senza qualche lacrimuccia, e a quanto pare, le competenze economiche sono ora nelle mani di tecnici vicini a Draghi. Per carità, nessuna rivoluzione in vista, ancora meno uno stravolgimento di stampo liberale, ma rappresenta già un passo in avanti il fatto che l’economia italiana sia probabilmente un po’ più al riparo da pauperisti ideologici e da dilettanti allo sbaraglio. L’Unione europea non è mai prodiga di tenerezze nei confronti dell’Italia e i soldi del Recovery non rappresentano di certo un regalo (la situazione non cambia neppure se ai vertici del Belpaese vi è qualche competente in più e qualche improvvisatore in meno). Tuttavia, se Roma diventa un poco più abile e preparata, Bruxelles tende meno, forse, a considerare la nostra penisola come l’appendice disgraziata e fastidiosa del continente. Vi sarebbe maggiore rispetto per noi e meno boria da parte dell’asse franco-tedesco. La riconferma agli Esteri di Luigi Di Maio e al ministero dell’Interno di Luciana Lamorgese non è, però, un bel segnale nella prospettiva di quella discontinuità necessaria con il precedente Governo giallorosso, anche se circola la rassicurazione secondo la quale i settori più cruciali per il Paese, a partire proprio dalla politica estera, saranno presi in mano direttamente dallo stesso Draghi.
Il manuale Cencelli si è reso inevitabile per placare ed addomesticare le forze politiche, ma il premier avocherà a sé le principali questioni. Vedremo, ma intanto un’altra riconferma, ovvero quella di Roberto Speranza al ministero della Salute, costituisce una pessima premessa per coloro i quali confidavano di uscire dalla succitata infelice routine. Speranza, che mesi fa giunse addirittura ad auspicare la delazione fra italiani, in caso di mancato rispetto per le norme anti-Covid, come nella defunta Ddr, la Germania orientale comunista, è stato il primo artefice, quasi entusiasta e compiaciuto, della ripetuta soppressione delle libertà. Perché, semplicemente, non ha saputo e non sa fare altro. Il tracciamento del contagio è andato in fumo tanto nella prima ondata di marzo scorso, quanto nella seconda ed attuale ondata, e in merito ai vaccini si sta adoperando un motore a testa calda, mentre altri – Regno Unito e Israele in primo luogo – hanno da tempo inserito il turbo. Per colmare la negligenza, si sceglie di umiliare, colpevolizzare e deprimere gli italiani. Se c’era un nome che non doveva più ricomparire nel nuovo Governo di Mario Draghi, beh, era proprio quello di Roberto Speranza, ma tant’è. Con la permanenza di quest’ultimo alla Salute, i fautori più spietati del lockdown, che evidentemente vivono in un pianeta tutto loro, sono tornati alla carica, a cominciare dai sedicenti esperti del Comitato tecnico scientifico e dal solito Walter Ricciardi. Questi signori, la cui competenza sanitaria diventa sempre più relativa, non consigliano in silenzio e in maniera professionale il Governo, bensì affidano i loro pensieri ai giornali, perpetuando un clima di panico. Ricciardi vuole il lockdown totale in tutta Italia e sostiene, affermando una sonora imbecillità, che la convivenza con il virus sia perdente. La realtà lo smentisce, perché un Paese come il nostro, che è ricorso a numerose restrizioni, ha uno dei tassi di mortalità da Covid più alti del mondo, mentre dove si è scelto di non sospendere la vita a causa del virus, non è avvenuta alcuna strage.
Se il Brasile di Jair Messias Bolsonaro è politicamente scorretto e la Svezia imbarazza, anche perché ha un Governo di centrosinistra, invece di puntare costantemente a soluzioni “cinesi”, si provi almeno a guardare all’Asia migliore, vale a dire la Corea del Sud e Taiwan, dove si è saputo sin da subito effettuare un efficiente tracciamento dei contagi e tante sofferenze sono state evitate. A quanto pare, in Italia si persevera in maniera diabolica e a tratti sadica. Un altro frutto avvelenato del mancato licenziamento di Speranza è rappresentato dallo stop allo sci, prolungato sino al 5 marzo prossimo e comunicato, come nell’era Conte, all’ultimo minuto, con una ulteriore bastonata alle attività del comparto. Se il Comitato tecnico scientifico e personaggi come Ricciardi o il super, si fa per dire, commissario Domenico Arcuri, non subiranno un ridimensionamento, la discontinuità con la follia giallorossa rimarrà un sogno. Matteo Salvini ha fatto bene nell’immediato ad accettare la sfida del Governo Draghi ma, alla luce di alcune desolanti riconferme, la vita della Lega nel nuovo esecutivo, se il Carroccio non vorrà consegnarsi agli allievi di Pechino, non sarà semplice.
di Roberto Penna