martedì 9 febbraio 2021
Mentre i partiti si sfidano sugli equilibri di un governo guidato da Mario Draghi, Matteo Renzi è tornato a riproporre non solo questioni di ruoli, ma una questione morale. E la questione morale che ha sollevato, all’indomani della caduta del governo di Giuseppe Conte, del fallimento di un reincarico, dell’arrivo dell’ex presidente della Banca centrale europea – quindi in sostanza dell’affermazione della sua linea – è un tema scottante. Il leader di Italia Viva, a caldo, ha dichiarato: “Dal punto di vista personale voglio rifiatare. Ho vissuto con molto dolore l’aggressione mediatica di queste settimane: l’odio e il pregiudizio non mi avevano mai fatto male come stavolta, devo confessarlo”. Poi il 5 febbraio scorso ha fatto un gesto esemplare: ha indirizzato ai suoi iscritti una cartolina digitale. Con questo messaggio: “Vorrei dire grazie a chi mi ha difeso sui social, prendendosi una valanga di insulti. A chi, per colpa mia, ha subito le conseguenze dell’odio”. In un’intervista su Avvenire, qualche giorno prima, aveva denunciato: “C’è la realtà e c’è una spregiudicata operazione di fake news, un accavallarsi di menzogne dette da politici senza che siano percepite”.
Nei confronti dell’ex sindaco di Firenze, mass-media e palazzi non sono mai stati generosi. Sparare su Renzi, come su altri, è sport ma su Renzi il dileggio è sistematico. Nei giorni della crisi, per esempio, Goffredo Bettini del Partito Democratico ha dichiarato senza peli: “Renzi è il pistolero, anzi il sicario, ha una così cattiva reputazione che mai nessuno gli darà un briciolo di fiducia, il mandante si salverà, lui no”. E sui social giù attacchi al fulmicotone. Tuttavia, quello dei sinistri non è l’unico metodo di aggressione, perché se gli ex comunisti sono dediti alla demonizzazione e alla scomunica, a destra non fanno meglio. L’aggressione delle destre non è solo politica, è personale, punta alla derisione fino al disprezzo e alla calunnia. Si parte con la burla, la beffa, la canzonatura, ma si arriva alla “macchina del fango”. Con questa allocuzione si intende l’azione coordinata di un gruppo di pressione volto a ledere l’onore e la credibilità di un avversario, infamandone l'immagine allo scopo di intimidirlo, punirlo, isolarlo dal suo ambiente per renderlo vulnerabile e colpirlo. L’espressione fu usata da Indro Montanelli per spiegare il degrado della classe politica negli anni di Fango, ma è stato il giornalista di Repubblica, Giuseppe D’Avanzo, a indicarne un fenomeno grave di inquinamento. Perché le conseguenze hanno effetti anche sulla libertà di stampa, compromessa dal fatto che le critiche non riguarderanno più il pensiero di una persona, ma la delegittimazione della sua vita, famiglia, decoro. Uno degli esempi è quello di Gianfranco Fini, quando ai tempi della sua presidenza della Camera cominciò a dissentire da alcune posizioni su giustizia e legalità, finendo nel mirino di un “dossieraggio” dal pubblico al privato. Altro caso eclatante è quello di Guido Bertolaso, l’ex capo della Protezione civile, lo stesso Giuseppe Conte è finito nel tritacarne-Casalino, ma i nomi sarebbero tanti colpiti con metodi anche più surrettizi o apparentemente innocui: manager, giornalisti, intellettuali, personalità della cultura, dello spettacolo, intralciate e sabotate con veleni, notizie confezionate o l’uso di instancabili gang da tastiera.
Il dossieraggio si differenzia dal giornalismo d’inchiesta anche aggressivo, perché al posto dell’approfondimento e dell’investigazione usa la diffamazione. Ma ci sono anche metodi più sfuggenti. Nei giorni cruciali della crisi è circolato un video su Matteo Renzi e il suo inglese è diventato virale. Con artifici tecnici Renzi è stato ridotto a dimensione di ridicolo bimbetto, con stesse espressioni e toni. Esito: una comicità smargiassa. Per spiegare la differenza tra caricatura e fango basta ricordare la satira di Giorgio Forattini fatta di sagacia, vezzi, a volte anche spietati, ma pur sempre giornalismo e cultura. Allo stesso modo i ritratti cosiddetti “al vetriolo” sono diversi dalle ingiurie. La gravità è che l’arma del discredito inquina, sfiora le istituzioni quando non le investe, allo scopo di uno scadimento complessivo. Al punto che della questione si è occupato uno psicanalista di fama, Massimo Recalcati, il quale su La Stampa ha scritto un articolo per spiegare perché difende il leader di Italia Viva: “Non credevo alle mie orecchie di psicoanalista quando in televisione ho sentito definire Renzi come un eiaculatore precoce, come un ragazzo alle prime armi di fronte al marasma dell’eccitazione erotica”. Secondo Recalcati dietro a questa aggressione “si cela l’immancabile livore della sinistra tradizionalista verso i propri avversari combattuti in modo militante e organizzato”.
Insomma, a sinistra la punizione, a destra l’isolamento. Un doppio metodo che deve essere disinnescato da quel fronte invocato di saggi costruttori, dall’aplomb degli opinion leader, dall’onestà civile – perché ci ha portato a raschiare il fondo del barile – alla violenza sociale, a cercare un salvatore, alla crisi di politica, economia, umanità. Ed è preoccupante che mentre chiudono giornali di qualità, le centrali del pettegolezzo e del giornalismo tossico aumentino. Se questo che ho descritto accade ai protagonisti del potere, figuriamoci l’accanimento contro persone scomode. Ha fatto benissimo Matteo Renzi a denunciare al governo di serie A la questione e immetterla tra i temi della responsabilità e della ricostruzione.
di Donatella Papi