Tutti in carrozza

lunedì 8 febbraio 2021


Al netto dei detrattori dell’ex presidente della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, di quelli che gli accollano ogni colpa e diavoleria ritenendolo affarista e spietato sulla scorta del famoso giudizio di Francesco Cossiga, alla fine che piaccia o preoccupi sarà direttamente – o indirettamente – un “tutti in carrozza”. Ora, parliamoci chiaro: che Draghi sia uno special one ma non un santo lo sappiamo, come sappiamo che i personaggi di potere così grande inducano al dubbio e al mistero. Ma accollargli tutti i mali possibili del Paese è più ridicolo che sbagliato, anche perché vorremmo ricordare ai detrattori che, ben prima di Draghi, l’Italia è stata piegata e rovinata dai cattocomunisti, sia socialmente che economicamente. Altro che finanza e derivati, banche e circoli riservati. Insomma, prima di addossare a Draghi la crisi dell’Italia, vogliamo parlare della politica cattocomunista di decenni fra Democrazia Cristiana e Partito Comunista italiano e degli effetti socio-economici che ha avuto sull’Italia? Vogliamo parlare della rovina generata dalle baby-pensioni, della Cassa per il Mezzogiorno, delle partecipazioni statali, degli aiuti alla Fiat, dei contratti di privilegio ai dipendenti pubblici rispetto ai privati, degli enti inutili, dei carrozzoni municipali, dell’assistenzialismo e clientelismo statale al Sud.

Vogliamo parlare di un Paese che è stato fatto venire su con il Socialismo reale, con un Leviatano fatto di Stato ovunque, con la deformazione del posto fisso creato ad hoc per avere i voti in cambio, con i sindacati arma politica anziché sociale, con gli scandali. Insomma, uno spreco immenso di risorse, una spesa corrente esorbitante, un debito crescente, una previdenza insostenibile e una crescita sempre più bassa e difficile a partire dalla metà degli anni Sessanta del miracolo economico. Perché, a dirla tutta, l’Italia tranne che per brevi tratti degli anni Ottanta, quelli di Bettino Craxi per intenderci, non è mai più riuscita a crescere come avrebbe dovuto né a riformare il troppo Stato che sopportava, la giustizia che non funzionava, il fisco che soffocava, il Sud che annaspava, la spesa pubblica che cresceva a dismisura, la burocrazia che rallentava e sprofondava l’intrapresa. Insomma, parliamo di un Paese cattocomunista, con la Dc e il Pci che erano una sorta di “ladri di Pisa”. Parliamo delle stesse Regioni che nel 1970 sono nate per dare ai comunisti i territori da governare, per porre e disporre a piacimento. Parliamo di un intervento costituzionale, quello del 1970, fatto così male da creare le condizioni dello sfascio di spesa e conflitto istituzionale. Basterebbe pensare alle Regioni a statuto speciale, ai costi per trasferimenti, come se non fossero bastate fino ad allora le spese per Comuni e Province. Insomma Dc e Pci assieme per decenni, una al governo e l’altro all’opposizione, hanno concordato e votato oltre il 90 per cento delle leggi più importanti. Del resto, col 40 per cento l’una e il 30 per cento l’altro, bastavano e surclassavano tutto e tutti in Parlamento.

Per farla breve, se volessimo analizzare i motivi e assegnare le colpe di un Italia cresciuta storta e via-via ridotta a brandelli, altro che i derivati di “Draghi”. Del resto, il Governo che si appresta a sostituire ne rappresenta la testimonianza perché gli eredi di quel “criminale” di Palmiro Togliatti, i cattocomunisti e peggio che mai i grillini, hanno finito di inabissarci proprio con l’assistenzialismo, lo statalismo e lo spreco improduttivo di quasi 200 miliardi. Tutto ciò che Draghi dovrà correggere e invertire. Perché, in fondo, la ricetta dell’ex presidente della Bce è elementare, l’abbiamo scritta e ripetuta dai tempi gialloverdi a quelli giallorossi: spesa produttiva, debito per investire, fisco per stimolare, trasferimento dello spreco assistenziale verso il sostegno industriale, stop ai finanziamenti clientelari elettorali e avviamento di quelli all’intrapresa.

Insomma, una inversione a “u” rispetto alla politica economia del governo più di sinistra della storia: questa sarà la base della “ricetta Draghi”, assieme probabilmente ad un reset fiscale, perché non c’è Paese che possa ripartire con un fardello insostenibile di cartelle e pendenze. Anche perché delle due l’una: o si insiste nel recupero fiscale, sapendo che l’operazione porterà alla morte del paziente, o si chiude a stralcio, che è la soluzione più conveniente per tornare a crescere e investire velocemente. Ecco perché alla fine Draghi è l’unica carta sicura e vincente, la ragione per cui non sottilizziamo e lo sosteniamo, il motivo per cui ci affidiamo al suo programma. Perché farà l’opposto dei giallorossi, l’esatto contrario del Conte 1 e soprattutto del Conte bis. E tanto basta per guardare avanti più sicuri. Del resto vedrete: alla fine tutti saliranno in carrozza in un modo o nell’altro. Sia chiaro, ci sarà una gran fiera dell’opportunismo e dell’ipocrisia, sarà il gran premio politico della bugia, pensate a Beppe Grillo e alle sue uscite comiche. Ma si salverà certamente sia l’economia che la democrazia: evviva la meritocrazia, la libertà. Evviva l’Italia, abbasso il fascismo e il comunismo.


di Alfredo Mosca