venerdì 5 febbraio 2021
Epopea del Vaffa addio! Senza nostalgia. Affonda priva di rimpianti la nave gialla in cui tutti i marinai sono allo stesso tempo nostromi e capitani, in base al motto sciagurato dipinto sulla sua fiancata, per cui “uno-vale-uno”. Una bugia alta e grande quanto un grattacielo, che ha colmato di voti “somari” la stiva della nave grillina, con quel suo equipaggio di scapigliati che invocava la stampa di moneta al ciclostile per colmare le tasche di tutti con denari stampati altrove. Un Parlamento da aprire come una... scatola di tonno, per poi sostituirlo con i pesci in barile di un colossale imbroglio giallo, che si è fatto leadership predicando la guerra alle leadership. Una classe di bugiardi che hanno estorto il “sei” politico truccando i regolamenti meritocratici, per presentarsi in pubblico come tutti meritevoli e capaci, trovando per di più lungo la strada che ci ha condotti all’attuale disastro-Paese. Una sinistra parimenti assistenziale, opportunista, inquinata dal clientelismo di una partitocrazia marcita e riciclatasi sotto mentite spoglie di una finta sinistra, che aveva da tempo abdicato e ripudiato il suo Soggetto storico (la classe operaia e il proletariato) per consegnarsi mani e piedi al potere globalista, senza volto e al suo demone del capitalismo finanziario. Arrivando al capolinea, questa inedita coppia politica Partito Democratico-M5S, pronta a unirsi incestuosamente prima al governo e, poi, in un melting pot elettorale sotto la guida del più grande trasformista della Repubblica nata nel 1948 (quel Giuseppe Conte, cioè, di Volturala Appula), si trova di fronte il più meritevole e autorevole dei presidenti del Consiglio di tutti i tempi.
Così, si è capito da subito che Mario Draghi è vissuto dai partiti del sempre meno credibile Arco costituzionale esattamente all’opposto di quanto accadde per Mario Monti nel 2011, dieci anni fa esatti. Le differenze abissali tra il decennio che separano l’uno dall'altro sono chiarissime. Monti arriva dopo una spregiudicata manovra di speculazione finanziaria internazionale che aveva portato lo spread (differenza percentuale tra gli interessi dei bund tedeschi e di quelli italiani) a quota 500, letteralmente a un passo dal default, per cui un Parlamento terrorizzato, pur di evitare l’arrivo della Troika e di fare così la fine della Grecia del 2005, dette carta bianca a un Governo di soli tecnici per rimettere sulla linea di galleggiamento la Barca-Italia, piegata su di un fianco come una balena spiaggiata. Così, le misure lacrime e sangue varate dal Governo Monti furono accettate praticamente all’unanimità senza colpo ferire. Oggi, è vero esattamente il contrario: il disastro economico, politico e sociale provocato dalla pandemia e dalle misure di contenimento dei flussi di beni, persone e servizi (zone rosse, arancioni e gialle regolamentate da un pioggia di Dpcm) ha fatto sì che l’Europa, terrorizzata dall’avvento di una marea populista che avrebbe fatto per sempre giustizia dei suoi astrusi meccanismi e Trattati che regolano la vita dell’Unione, abbia trovato la forza per fare una scelta federale, emettendo finalmente titoli del debito comune per finanziare i Paesi messi in grave difficoltà per colpa della pandemia e non per responsabilità dei loro governanti.
Ovviamente, come ogni buon prestatore di ultima istanza, i soldi europei non rappresentano pasti gratuiti per nessuno dei sottoscrittori, dovendo i beneficiari realizzare riforme di sistema e investimenti (il famoso debito buono alla Draghi!) che vadano a vantaggio della ripresa complessiva della zona Ue. Quindi, mentre Monti doveva imporre enormi sacrifici agli italiani, tagliando brutalmente pensioni e deficit pubblico, al contrario Draghi dispone di una manna di centinaia di miliardi di euro da poter spendere nel migliore dei modi per la ripresa socio-economica del nostro Paese. E qui arrivano i guai. La classe dei bugiardi giallorossi non è minimamente disponibile a concedere a Draghi i... pieni poteri per poter, da un lato, fare le famigerate riforme di sistema (Pubblica amministrazione, Giustizia, Fisco) che non costano un euro, anzi il contrario dato che generano immensi guadagni veri per mancati sprechi, ma scontentano milioni di elettori arroccati sui propri privilegi; e, dall’altro, creare una cabina unica di comando con i migliori uomini di cui dispone il nostro Paese, per investire le risorse del Recovery in grandi progetti strutturali (conversione energetica da inquinante a green, realizzazione di infrastrutture viarie e di autostrade digitali, potenziamento a tutti i livelli della ricerca avanzata e di base).
Ora, non solo queste mission rappresentano un carico di lavoro da far paura anche ai più preparati manager del mondo, ma per di più costituiscono una speranza di bottino politico per chiunque se le intesti. Così, paradossalmente, Draghi deve passare per le forche caudine di un Parlamento di nominati, per la maggior parte di nessuna qualità, dovendo ottenere una sua maggioranza politica per poter fare riforme e azioni che, di per sé, coinvolgono una responsabilità monolitica e decennale per la loro implementazione pratica, oltre che una estrema abilità per potere impegnare le risorse del Recovery “entro” il 2026. Ebbene, non è solo la risorsa Potere che viene a mancare a un Draghi costretto a invischiarsi nelle pastoie di un Parlamento di rissosi e trasformisti, bensì quella del Tempo, sapendo poi bene che, per parte sua, non potrà disporre a suo piacimento nemmeno dell’incarico del ministro meno influente, dato che anche per lui vale il dettato costituzionale del presidente del Consiglio come primus inter pares. La classe dei somari gli imporrà, se riuscirà a trovare una qualche maggioranza, di levare le tende quanto prima possibile per celebrare elezioni che, ancora una volta, non selezioneranno proprio nessuno in base al merito individuale, visto come è combinata oggi la norma elettorale. Ha ragione Matteo Renzi: serve una vera Bicamerale. Anzi, meglio: serve esclusivamente una nuova Assemblea costituente, indetta sempre troppo tardi, visto che nel 1992 è finita la Terza guerra mondiale a pezzetti, con la fine dell’Urss e dei partiti del Secondo dopoguerra. Non finirà bene. Già spuntano le corna e gli zoccoli del Diavolo.
di Maurizio Guaitoli