lunedì 1 febbraio 2021
Giovannino Guareschi dipingeva comunisti e preti della Bassa Padana come fieri avversari, sempre pronti però a collaborare, magari senza ammetterlo, per il bene della loro terra.
Dai tempi delle storie di Brescello è caduto il muro di Berlino e i ricchi emiliani con falce, martello e dollaro hanno accolto con sollievo il fatto che Pci e Dc si siano fusi, dopo varie piroette, nel Pd, acronimo di Peppone e Don Camillo.
A dire il vero, in città come Modena il Pci aveva sempre governato rispettando, almeno formalmente, quel diffuso mondo cattolico di sinistra che desiderava rimanere sul barcone dei vincitori, ma non avrebbe potuto accettare affronti alla Chiesa.
Così, ogni anno, il 31 gennaio, festa del Patrono San Geminiano, il democristianame, sempre ansioso di prendersi le briciole del potere comunista, lodava la presenza di sindaci filo-sovietici alla testa del corteo che tradizionalmente si recava dal municipio al duomo romanico. Poi Messa, con Peppone tricolore in prima fila e tutta la giunta rossa in contemplazione dell’Arcivescovo.
Da Alfeo Corassori, sindaco della resistenza, a Rubes Triva, e via via tutti gli altri primi cittadini , questa tradizione è sempre stata rispettata: ma loro vivevano in ambiente Covid-free, mentre Gian Carlo Muzzarelli, attuale sindaco, non ha questa fortuna e, in nome della pubblica sanità, il 31 gennaio ha pensato bene di escludere l’opposizione dal corteo e dall’ingresso in duomo. Ecco spiegata la distanza sociale.
La cattedrale è dunque passata sotto il dominio del sindaco, il quale, in piena sintonia con l’Arcivescovo, ha stilato l’elenco degli invitati, includendo moglie e figlia nella quota dei 124 ammessi e lasciando fuori, ad esempio, il vicepresidente del Consiglio comunale, Stefano Prampolini, che era stato il candidato sindaco per il centrodestra. Ovviamente, nessuna traccia dei Cinque Stelle, compagni di sopravvivenza nel governo nazionale, ma all’opposizione a Modena.
Per capire le radici di questo potere assoluto bisogna fare un passo indietro, ricordando gli anni in cui Soliera, in provincia di Modena, era il comune più rosso di tutta l’Europa occidentale, con il Pci che sfiorava il 70 per cento, mentre nel capoluogo, plebisciti elettorali intorno al 54 per cento avevano indotto le botteghe oscure emiliane a frazionare le liste creando un gruppo di indipendenti di sinistra in realtà del tutto dipendenti. Era una rozza operazione di maquillage per mostrare una facciata meno soffocante, continuando, però, a muoversi nello stesso, identico modo.
Ebbene, quarant’anni dopo, cambiate le sigle, il regime resta lo stesso, con diritto di vita e di morte anche al di fuori dei propri recinti.
E la Chiesa modenese, bergoglianamente approva.
di Gian Stefano Spoto