mercoledì 23 dicembre 2020
Dopo tanti (troppi) anni è stato finalmente inaugurato l’ultimo tratto della superstrada che collega Terni e Rieti. Giorno importante, non c’è dubbio, soprattutto per chi da diversi lustri attendeva il completamento dell’opera. Al taglio del nastro erano in parecchi: la ministra alle Infrastrutture, Paola De Micheli con il viceministro Giancarlo Cancelleri, varie autorità tra i quali il deputato reatino 5 Stelle, Gabriele Lorenzoni, l’amministratore delegato di Anas, Massimo Simonini, il prefetto di Rieti, Giuseppina Reggiani e quello di Terni, Emilio Dario Sensi ed il sindaco del capoluogo sabino, Antonio Cicchetti, solo per citarne alcuni. Ma come in tutte le celebrazioni, le feste, le inaugurazioni, c’era anche un infiltrato. Nella fattispecie ecco Luigi Di Maio (ministro degli Esteri, anche se l’infrastruttura collegherà semplicemente due capoluoghi dell’Italia centrale) ed eletto in Campania, quindi in un collegio elettorale piuttosto distante dall’opera inaugurata. Perché Di Maio stava lì, in una fredda mattina di dicembre? Forse voleva “marcare stretto” il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti (peraltro assente) o la ministra De Micheli? Intendeva “benedire” Cancelleri e Lorenzoni?
Sul suo profilo Facebook, Di Maio ha scritto che “un anno fa con il viceministro, Giancarlo Cancelleri, avevamo fatto una promessa. Oggi siamo qui, con tutte le autorità competenti, perché quella promessa fatta ai cittadini l’abbiamo mantenuta”. E più avanti ancora il ministro: “Abbiamo abbattuto in un solo anno un immobilismo decennale”. Il ministro facente funzioni dimostra, anche in questo caso, di non sapere. È pur vero che i tempi per la realizzazione della Rieti-Terni sono stati troppo lunghi, ma è altrettanto vero che, praticamente, mancava soltanto il ponte inaugurato l’altro giorno mentre i restanti chilometri (con le annesse infrastrutture come le gallerie) erano già percorribili da diversi anni. Eppure, ci sarebbero ancora in piedi (così, tanto per dire) i progetti per far rientrare i nostri connazionali bloccati a Londra, chiarire con l’Egitto i termini della prigionia di Patrick Zaky e le responsabilità dell’omicidio di Giulio Regeni, solo per citarne alcuni. Invece si preferisce tagliare un nastro proprio come nella Prima, maltrattata, Repubblica.
di Gianluca Perricone