L’unità chiesta da Conte è una trappola per il centrodestra

sabato 31 ottobre 2020


Il livello di maturità di una democrazia viene misurato anche attraverso la capacità di partiti diversi e normalmente avversari di collaborare, di fare un fronte unico dinanzi ad una specifica minaccia o emergenza. Insomma, non è uno scandalo se l’opposizione lavora, per un tempo determinato e al fine di superare una fase particolarmente drammatica, con chi ha responsabilità di governo. Ciò è già avvenuto ed avviene nelle migliori democrazie del mondo, a cominciare dagli Stati Uniti dove, a parte questa stagione politica contrassegnata da un’estremizzazione dei toni fomentata in particolare dai liberal, non sono mancate, in talune circostanze, convergenze temporanee fra repubblicani e democratici. Nell’Italia odierna, messa a dura prova dalla pandemia e dalla possibilità reale di un completo collasso economico, c’è chi invita l’opposizione di centrodestra ad unirsi agli sforzi, si fa per dire, del Governo di Giuseppe Conte. Lo stesso premier invoca l’unità nazionale per fare fronte alla seconda ondata del Covid-19 e a tutte le conseguenze che essa comporta.

Come dicevamo, una democrazia è in buona salute quando sa unirsi per neutralizzare tutto ciò che va oltre agli schieramenti partitici e alla normale dialettica politica, e può danneggiare in maniera grave l’intera comunità nazionale, ma quella italiana è una democrazia ancora piuttosto anomala e non è nemmeno una delle migliori. Intanto, la natura stessa di questo Governo assai divisivo rende difficile qualsiasi tipo di distensione. In questo Paese scarseggia la memoria storica e senz’altro il Covid ha fatto tabula rasa di tante cose, ma cerchiamo di non dimenticare come è nato il Conte bis, ovvero tramite un’operazione di palazzo orchestrata da soggetti, (Partito Democratico, M5S e Matteo Renzi), impauriti dall’opzione del voto anticipato e da una possibile vittoria di Matteo Salvini e del centrodestra. Beppe Grillo, Nicola Zingaretti e Renzi, hanno dato vita ad una maggioranza raffazzonata e senza alcun progetto condiviso, soltanto per sbarrare la strada a Salvini, quindi, se si vuole che tutto l’arco politico sotterri l’ascia di guerra affinché l’Italia possa reggere all’incubo del virus, è fondamentale anzitutto che questa formula di governo, così com’è adesso, ceda il passo ad un esecutivo differente, guidato da un altro presidente del Consiglio e sorretto da rapporti di forza diversi dagli attuali. Altrimenti, con la prosecuzione immutata del carrozzone giallorosso e magari con un’eventuale opposizione silente ed addomesticata, vi sarebbe solo la morte di ogni sano contraltare al pensiero unico e alle scelte governative, anche e soprattutto in tema di lotta al Covid-19.

Un’ulteriore ferita a questa democrazia già svilita dai Dpcm contiani e dall’emarginazione del Parlamento. E peggio ancora, senza un radicale cambiamento di maggioranza, il centrodestra finirebbe soltanto per divenire corresponsabile dei fallimenti di un Governo che ha dormito in estate ed è giunto impreparato in modo spaventoso in autunno. Il Giuseppe Conte di queste ore, che chiede l’unità nazionale, forse punta proprio a questo, ossia a coinvolgere l’opposizione non tanto nelle decisioni, bensì nei disastri della compagine giallorossa. Tutti colpevoli, nessun colpevole! Il Conte odierno è pur sempre la stessa persona che, da marzo e sino a pochi giorni fa, ha ritenuto di non ascoltare mai i consigli del centrodestra, salvo le telefonate ipocrite di una manciata di minuti a Salvini e Giorgia Meloni, effettuate prima delle innumerevoli conferenze stampa. Oggi il premier prova ad aggrapparsi anche a chi è stato finora scientemente ignorato perché forse, per la prima volta, sente scricchiolare la propria poltrona ed inizia a percepire come il virus e l’emergenza continua non rappresentino più una garanzia assoluta per il mantenimento del potere, (l’Italia di ottobre non è più quella di marzo). Ma è saggio che Salvini, Meloni ed anche Silvio Berlusconi, lascino cuocere Conte, Zingaretti, Renzi e il circo pentastellato, nel loro brodo.


di Roberto Penna