giovedì 1 ottobre 2020
La revoca non è più un’ipotesi. Il Consiglio dei ministri si riunirà entro dieci giorni per decidere sul dossier Atlantia. Se i progressi non saranno evidenti la revoca sarà effettiva. Atlantia spera nell’equilibrio di Giuseppe Conte perché, sostiene, “una eventuale revoca” della concessione “provocherebbe un default sistemico gravissimo, esteso a tutto il mercato europeo, per oltre 16,5 miliardi di euro, oltre al blocco degli investimenti. Verrebbero così messi a serio rischio 7mila posti di lavoro”.
In serata il presidente del Consiglio annuncia che sulla questione il governo si riunirà e poi prenderà una posizione chiara e difatti subito dopo a Palazzo Chigi convoca un nuovo vertice con i ministri delle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli e dell’Economia Roberto Gualtieri, oltre ai capi di gabinetto degli stessi ministeri e della presidenza del Consiglio. All’esito del vertice si decide di concedere altro tempo: un consiglio dei ministri verrà convocato entro 10 giorni su Autostrade per l’Italia, secondo quanto si apprende da fonti di governo, ma se Atlantia non cambierà la sua posizione, resta sul tavolo l’opzione della revoca della concessione; se invece arriverà una proposta, sarà valutata.
Dall’esecutivo trapela “irritazione” per le lettere di Aspi e ne vengono respinti gli argomenti: Atlantia – è il ragionamento – ha modificato le condizioni che avevano portato a un accordo a luglio. Ma la società non ci sta e si difende. “Noi continueremo ad agire in totale buona fede, affinché possa essere trovata una soluzione equa, ragionevole, di mercato. La società confida nella capacità di mediazione del premier e del suo Governo, considerandolo un riferimento di garanzia per tutti”, affermano fonti di Atlantia, mentre si rincorrono voci su una possibile mediazione finale di Cassa depositi e prestiti per trovare una via d’uscita sulla questione della manleva.
Con un ultimatum di qualche giorno fa il governo aveva minacciato la revoca se non fosse arrivata entro oggi una risposta che consentisse di rimettere la trattativa sul binario indicato il 14 luglio (cioè l’ingresso di Cdp in Aspi). Nell’attesa che l’esecutivo si pronunci definitivamente, si scaglia contro Atlantia il Comitato in ricordo delle 43 vittime del Ponte Morandi: “Siamo scandalizzati da tanta arroganza”, “questa società dovrebbe mettersi in ginocchio e cospargersi il capo di cenere, siamo scandalizzati da tanta arroganza”, afferma la presidente Egle Possetti, che va in pressing sul governo chiedendo di valutare “che la concessione originaria possa essere dichiarata illegittima”.
Atlantia e Aspi nelle loro missive mettono in evidenza la coerenza dei propri impegni e confermano la disponibilità a trattare con Cdp, ma mettono in chiaro anche diverse condizioni: dal fatto che la cessione di Aspi potrà essere conclusa a valle dell’accordo transattivo; esprimono contrarietà alla clausola che vincola l’efficacia dell’atto alla cessione del controllo di Aspi a Cdp, considerata “non in linea” né con l’atto né con gli impegni del 14 luglio; dicono “No” alle obbligazioni richieste da Cdp in quanto non erano previste e non sono accettabili in un contesto di mercato.
Un quadro su cui però c’è chi fa notare delle incoerenze. Che il clima sia molto teso lo confermano anche il fatto che in ambienti vicini all’operazione serpeggi un giudizio di inaffidabilità dei vertici di Atlantia e che trapeli la voce di possibili dissapori, che sarebbero emersi dopo i Cda di ieri, tra Atlantia e Aspi. Inoltre, alcuni osservatori, fanno notare come una delle due proposte fatte da Cdp per superare lo scoglio manleva e rifiutate da Atlantia perché considerata non di mercato, cioè l’idea di trovare un modo per proteggere gli azionisti dagli effetti negativi di un procedimento penale, sono stati usati proprio da Atlantia nella fusione con Gemina nel 2013, con l’emissione di “warrant” agli azionisti per far fronte al possibile risarcimento chiesto dal ministero dell’ambiente.
di Redazione