Parlamento: la decrescita infelice

lunedì 7 settembre 2020


La riduzione del numero dei parlamentari proviene da una marcata mancanza di fiducia nella cosiddetta classe politica e non dall’intenzione di renderla più efficiente. Il riferimento all’inconsistente risparmio è solo un banale espediente, contrabbandato come atto simbolico, per tentare di persuadere i più riottosi circa la convenienza anche finanziaria del provvedimento. Ma la motivazione più forte rimane indubbiamente quella di una sorta di “giustizia punitiva” i cui promotori, i cinque stelle, intendono attuare sulla base, implicita, della loro “diversità”. In altri termini, i deputati e i senatori cinque stelle sono migliori, onesti e scrupolosi nella situazione attuale e lo rimarranno anche quando saranno meno numerosi. Essi non fanno parte del problema, ma della soluzione. Al contrario, i parlamentari degli altri partiti sono peggiori, disonesti e inefficienti, per cui la loro riduzione numerica, quanto meno, ridurrà anche il male che fanno. Il brillante ragionamento è tutto qui.

In effetti, non è prevista alcuna innovazione, peraltro assai imprecisabile, che, assieme alla riduzione quantitativa, possa agire come amplificatore della qualità dei nuovi parlamentari rendendoli più attivi e competenti. Il popolino cinque stelle e quello che gli darà ragione il 20 settembre non hanno bisogno di tutto questo, come del resto si evince dalla prova non certo esaltante che i deputati e i senatori grillini stanno dando da due anni. Se vincerà il Sì essi festeggeranno l’evento come liberazione dalla casta esattamente come dopo l’approvazione del reddito di cittadinanza festeggiarono l’abolizione della povertà. Beato chi ci crederà.

I 5S che resteranno alla Camera e al Senato non saranno “casta” bensì la vera e genuina rappresentanza del popolo italiano il quale presto si accorgerà con soddisfazione del salto di qualità voluto da questi salvatori della Patria. Un salto assecondato da una troppo diffusa ipocrisia di elettori e partiti che preferiscono puntare sulle facili vittorie simboliche, o di pancia, piuttosto che guardare alle vere urgenze politiche e alla lungimiranza ed efficacia dell’azione governativa. Il 20 settembre vedremo quanti italiani sapranno sottrarsi al miraggio populista difendendo il Parlamento e quanti, invece, crederanno di fare giustizia punendolo. Cioè, senza capirlo, punendo se stessi.


di Massimo Negrotti