lunedì 31 agosto 2020
La scuola dell’obbligo al tempo della pandemia. A quanto pare, osservando i responsabili di governo (non solo nostrani), le mascherine stanno più all’altezza dei loro occhi che in prossimità delle “rime buccali” (onestamente: non si può sentire), dove dovrebbero pur collocarsi per obbligo di legge. Ma, se è facile giudicare la prestazione negativa di un calciatore che non tocca palla, come si fa a stabilire quella di un ministro esordiente e alle prime armi, i cui fallimenti organizzativi per fronteggiare il mostro-Covid all’interno delle aule scolastiche sono più o meno gli stessi dei suoi navigatissimi colleghi europei, vedi le convulsioni del governo di Angela Merkel in Germania sulle aperture premature e le precipitose chiusure successive delle scuole, per non parlare dell’esempio svedese? Si potrebbe dire, a giusto titolo, che forse Giuseppe Conte avrebbe dovuto scegliere un tecnico navigato come ottimo parafulmine per evitare l’ennesima figuraccia di politici impreparati a tutto, figli prediletti del motto horribilis “Uno vale Uno”. Figuriamoci se nell’Italia dei mille codicilli, degli infiniti regolamenti che nulla regolano e di un’organizzazione scolastica fatiscente, schiava dello strapotere di una miriade di sindacatini che odiano il merito selettivo e adorano quello indistinto (che, cioè, non distingue per cieca ideologia le capre dai geni), poteva arrivare indenne al traguardo una ministra che fa propaganda sui banchi a rotelle. E figuriamoci se poteva, sempre lei, poveretta, trovarsi una classe docente di veri eroi che sacrificassero le proprie fragilità (vere e presunte) per il bene dei loro alunni.
Davvero voi pensate che nel sistema dell’insegnamento in Cina le ipotizzate quattrocentomila (400mila) defezioni di insegnati italiani “fragili” sarebbero mai state concepibili? Però, anche qui, va detta forte e chiara la verità: chi mai da mezzo secolo a questa parte si è veramente occupato della scuola? Chi ne conosce a fondo i problemi creati dalla modernità? Non di certo la sinistra che ne ha fatto storicamente il suo terreno di caccia elettorale, né tantomeno tutti i ministri passati per Viale Trastevere, la cui sola preoccupazione è stata quella di mettere in fila una riforma più sconclusionata dell’altra, pur di incidere il loro marchio di pseudo-faraoni sul piano della scrivania che fu di Giovanni Gentile. Raccogliendo dal vivo alcune voci degli insegnanti sul campo (soprattutto della media dell’obbligo), mi sono sentito raccontare delle storie di vita vissuta alle quali vale la pena di accennare. Adolescenti, poco più che bambini, triturati letteralmente da famiglie allargate, che li obbligano a navette quotidiane alternate tra genitori separati, nonni e tutori di ogni genere e specie (non di rado, degni dell’intervento dei servizi sociali, per ricondurre l’adolescente in qualche ambiente o spazio protetto), per cui anche il semplice fatto di misurare loro la febbre prima di uscire di casa diventa un compito insolubile, per l’accertamento postumo delle responsabilità relative. Parenti e genitori custodi di turno che, con preoccupante frequenza, si dimenticano di andarsi a riprendere i ragazzini, costringendo gli insegnanti responsabili a una permanenza prolungata (non retribuita) all’interno degli edifici scolastici, mentre tentano disperatamente nel frattempo di rintracciare telefonicamente il distratto/a di turno.
Ora, stante la tremenda disorganizzazione suddetta; la carenza di spazi di distanziamento minimale; la spada di Damocle della criminalizzazione dei dirigenti e dei professori che dovessero rivelarsi inadempienti, per qualsiasi motivo, nell’applicazione delle misure anti-Covid e nelle segnalazioni relative alle autorità sanitarie competenti, secondo voi quanto ci vorrà per decretare i più variegati lockdown locali alla prima febbre e al primo sternuto degli alunni in classe? Da lì: chi mettere in quarantena, in caso di positività accertata? Tutta la classe o la scuola intera, visto che nessun insegnante potrebbe mai garantire l’assenza di pregressi contatti “fuori o dentro le mura” scolastiche da parte dello studente contagiato? Chi e con quali costi procederà alla sanificazioni quotidiane dopo i corsi giornalieri? Quanto tempo perderanno gli insegnanti nella disperata e affannosa ricerca delle misure più idonee, per obbligare giovani e giovanissimi con gli ormoni a mille a rispettare distanziamento in classe e obbligo di indossare le mascherine, qualora previsto? Si possono sospendere i Pierini irriducibili? E, poi: come faranno i genitori lavoratori a tenere dietro per lunghi periodi all’obbligo eventuale di quarantena per i figli che dovessero cautelativamente rimanere a casa?
Ingaggiamo con l’assistenza pubblica eserciti di baby-sitter che esistono solo sulla carta, visto che il rischio Covid spaventa famiglie e badanti? Se fossimo una Nazione seria, faremmo un discorso pacato come si fa con gli eserciti impiegati sui campi di battaglia: si ricoverano nelle retrovie i feriti sostituendoli con truppe fresche, in attesa di riprendere il controllo delle aree sotto assedio. Vi parrà strano, ma l’unico modo di tenere a bada la pandemia è proprio quello di procedere con assetto militarizzato ad affrontarne le conseguenze predisponendo, per quando riguarda i plessi scolastici, piani intellegibili e non ambigui in merito a “Chi fa che cosa?”, su come lo deve fare e in quali tempi. Occorre, in particolare, stabilire una ferrea catena gerarchica delle responsabilità relative e procedere in via preventiva a un drastico disboscamento di farraginosi e deresponsabilizzanti mansionari, a tutti i livelli di responsabilità. Occorrono teste nuove più che nuovi banchi.
di Maurizio Guaitoli