venerdì 10 luglio 2020
Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha lanciato un allarme circa il rischio di tensioni sociali. La dichiarazione non è certo campata per aria, trae spunto dal sodalizio che, in questi mesi di arresti domiciliari di massa, s’è creato nelle zone periferiche delle città tra disagiati, tifoserie e fazioni extraparlamentari. Una miscela infernale per i benpensanti con buono stipendio pubblico, di fatto una risorsa solidale che ha permesso a tante famiglie di sopperire all’inefficienza di uno Stato canaglia, poliziottesco ed animato da logiche alla Grande Fratello.
Il ministro Lamorgese sostiene di temere per la “tenuta degli equilibri sociali” e alla luce della bomba occupazionale rafforzata dall’emergenza. Essendo parte di un Esecutivo, potrebbe suggerire al viceré Giuseppe Conte di stampare moneta e di non porre limiti alla circolazione del contante, e perché la povera gente (quella che loro avrebbero voluto perisse di corona virus) sovente si sostenta di lavoretti abusivi, pagati con moneta contante. Questo la Lamorgese dovrebbe saperlo bene, considerando che è stata prefetto di Milano ed è nata in Basilicata, regione stretta tra Puglia e Campania, dove centinaia di migliaia di famiglie si sostentano con lavori abusivi e malpagati.
Circa dieci milioni d’italiani già versavano nel totale dissesto economico, e non potrebbero mai sortirne, per loro qualche statistico aveva anche coniato la definizione di “povertà irreversibile” (per motivi bancari, fiscali, tributari, giudiziari...). Il lockdown s’è aggiunto, come la pioggia sul bagnato. Così se da un lato polizia di stato e polizie locali bastonavano i cittadini che sortivano per portare il pane a casa (multe salatissime e denunce), nelle zone più disagiate ed a rischio devianza s’assisteva alla solidarietà che già conoscevamo come mutuo soccorso per le famiglie dei detenuti: gente schedata (soggetta a Daspo per fatti di calcio, ma sanguigna e passionale) aiutava in ogni maniera il proprio vicino ridotto in povertà. È capitato a Roma come a Bari, a Palermo come a Reggio Calabria, a Genova come a Milano… Ma ora qualche benpensante del governo vorrebbe far passare queste forme di solidarietà come aiuto criminale, come una sorta d’ingaggio delle braccia indigenti nel grande esercito dei rivoltosi che potrebbe mettere a ferro e fuoco i palazzi istituzionali.
La Lamorgese sa bene che il peggio non è ancora arrivato. Durante la trasmissione Agorà Estate (in onda su Rai 3) ha ripetuto quanto già sosteneva a fine marzo, ma è sembrata solo più allarmata. Perché questure e 007 le hanno riferito che, molti pregiudicati benestanti e caporioni delle tifoserie aiutano la povera gente. E il ministro dell’Interno, come riporta l’Adnkronos, ha detto “il rischio di tensioni sociali in autunno è concreto perché a settembre-ottobre vedremo gli esiti di questo periodo di grave crisi economica”.
Certo tra qualche giorno, nel bel mezzo dell’estate, i licenziamenti aumenteranno. Perché le aziende non sono in ripresa, perché da circa un decennio all’impresa non conviene più pagare il fattore lavoro in Italia, e perché il 17 agosto scadrà il divieto per i licenziamenti (introdotto col decreto “Cura Italia” e prorogato dal decreto Rilancio). Confcommercio ha calcolato che, oltre alle attività che non hanno riaperto dopo il lockdown, un altro 30 per cento non riaprirà dopo le ferie, cessando attività e Partita Iva a settembre. Del resto su Roma la media è 70 per cento in meno d’incassi e lavoro per tutte le attività.
“Il Governo ha posto in essere tutte le iniziative necessarie per andare incontro a queste esigenze - dice il ministro Lamorgese - il rischio (di tensioni sociali, ndr) è concreto e vedo un atteggiamento di violenza nei contro le forze di polizia assolutamente da condannare”.
Una frase che ha doppia lettura, a pensar male è un messaggio a polizie e magistrati: ovvero, pugno duro con le intemperanze della povera gente. Affermazione simile la fece nel 1898, con toni molto meno doppi (e compassionevoli), Bava Beccaris e veniva riportata dal Corriere della Sera il giorno seguente all’articolo “Relazione sulla sommossa di Milano”.
La Caritas ha registrato un quaranta per cento in più di nuovi poveri, ma non tutti per dignità si rivolgono alle mense diocesane. “Ho dato una direttiva ai prefetti perché venga attuato un attento monitoraggio e ascolto delle dinamiche sul territorio - continua Lamorgese - Su questo i prefetti stanno rispondendo bene con le forze di polizia. È necessaria la celerità dei pagamenti e fare i necessari controlli antimafia, sia pure fatti successivamente”.
Ma il ministro non apre completamente il proprio cuore, e sa benissimo che, se le rivolte nelle carceri s’abbinassero all’occupazione dei palazzi da parte del popolo, allora ci sarebbe ben poco spazio per criminalizzare i rivoltosi. Forse rimarrebbe uno spiraglietto di trattativa. A fine marzo la Repubblica riportava una velina dell’intelligence: “Potenziale pericolo di rivolte e ribellioni, spontanee o organizzate, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia dove l’economia sommersa e la capillare presenza della criminalità organizzata sono due dei principali fattori di rischio”.
Significa forse che la criminalità vorrebbe spingere gli affamati ad aggredire il potere istituzionale? O che il non stato sarebbe pronto ad appoggiare ed alimentare un esercito rivoluzionario? Nulla di nuovo, lo sbarco in Sicilia venne organizzato dagli Usa grazie alla mafia. Ma veramente crediamo che gli italiani più umili siano solo cattiva gente? O che la guerriglia a Mondragone (Caserta) tra bulgari e italiani sia solo responsabilità della gente di strada? O che per contenere esasperazione e disagio servano solo le maniere dure e l’esercito contro il popolo?
Il capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati (Mariastella Gelmini) ha subito offerto aiuto al Governo e solidarietà alla Lamorgese: “L’allarme del ministro Lamorgese sul rischio di tensioni sociali in autunno era facilmente preventivabile… da parte nostra non ci sarà mai indulgenza verso la violenza”.
Di fatto Forza Italia è già pronta ad appoggiare Conte in caso di pugno duro contro il popolo in rivolta. Sembra che in Parlamento difficilmente ci possa essere ascolto per piazze non addomesticate. Se avvenisse la spallata di piazza, ed è difficile crederlo (e prevederlo), resta da augurarsi sia pronta una classe dirigente rivoluzionaria in grado cancellare la tristezza dagli occhi del popolo. Archiviando la stagione delle persecuzioni fiscali e giudiziarie, e rendendo nuovamente gli italiani liberi di lavorare. Certo, se scoppiasse la rivolta non si potrebbe mai garantire la totale immunità agli aguzzini, ma stiamo sognando ad occhi aperti.
di Ruggiero Capone