mercoledì 17 giugno 2020
Non c’è esponente dell’economia reale, imprenditore, negoziante, ambulante, operatore turistico, balneare, partita Iva o artigiano, che non abbia già bocciato sia il governo e sia Giuseppe Conte, parliamo di una bocciatura che era scontata per tutti tranne che qualcuno. Perché sia chiaro affidare l’Italia ad una maggioranza la cui più parte in 4 anni ha definitivamente devastato Roma, nonostante all’inizio strombazzasse la rinascita della capitale, ci vuole coraggio, eppure nella città eterna il buon giorno s’era visto dal mattino. Insomma sul cupolone si addensarono subito i nembi dell’incapacità grillina, anche se con la più spudorata ipocrisia politica, da Alessandro Di Battista a Beppe Grillo e Luigi Di Maio, tutti a dire diamogli tempo perché a migliorare Roma per come l’hanno ridotta le giunte precedenti serviranno anni. Ebbene di anni ormai ne sono passati più di 4 e la capitale sembra Beirut della guerra, dai parchi alle strade, dal decoro urbano all’illuminazione, dai servizi ai cittadini allo stato dei giardini, un disastro tale per cui non era il tempo che serviva ma la capacità e l’esperienza di governo e fare scelte. La stessa cosa che è accaduta quando per una decisione scriteriata di Matteo Salvini, nel 2018 anziché portarci a un nuovo voto, il leader del centrodestra scelse il governo coi grillini, eredi di un comunismo deteriore, fatiscente, statalista, assistenzialista, improduttivo e negativo. Peggio che mai la squadra di governo che fu scelta, da mettersi le mani nei capelli a partire dal ministro Danilo Toninelli, del resto solo l’ipocrisia può cancellare l’anno bellissimo, il brindisi per la sconfitta della povertà, le feste in discoteca per il reddito, il blocco della Tav., le strombazzate per il decreto dignità e i navigator.
Come se non bastasse alla lega venne in mente di approvare quota 100, altra sciocchezza utile solo a cambiare in peggio la legge Fornero e affossare così il bilancio di una previdenza che grazie alle follie cattocomuniste del passato era già devastato. Per farla breve quando ad agosto dell’anno scorso con la crisi di governo si è riaperto il discorso sull’Italia, sulla necessità di affrontare un futuro che si sapeva fosse oscuro, seppure del virus allora nemmeno l’ombra, al posto di Salvini è sceso in campo un altro genio. Parliamo di Matteo Renzi, che fino a prima coi grillini si era offeso su tutto al punto tale da giurare che mai con grillo avrebbe spartito niente, detto è fatto, e visto che la parola agli italiani per l’ex premier non conta nulla ha creato subito le condizioni per una coalizione ipocrita e fasulla. Non solo, perché per non mancare la certezza di sbagliare, Renzi accetto pure che il premier fosse ancora Conte, consentendo così la nascita di un governo non solo comunista e cattocomunista più di sempre, ma sostenuto da una maggioranza che si era accusata a oltranza. Certo la costituzione recita sulla ricerca in parlamento di un numero di voti sufficienti a garantire l’avvio per un governo, ma di sicuro, i costituenti nemmeno per idea avrebbero pensato qualcosa di simile, tanto è vero che nella carta inserirono la condizione della indispensabile armonia e coesione della coalizione alla guida della nazione.
Del resto il presidente Oscar Luigi Scalfaro, che non vive in cima ai nostri pensieri, nel 94 sciolse le camere proprio appellandosi a quella indicazione, visto che allora sia il sentimento che la tendenza elettorale, sia la divisione fra i partiti, sia la congiuntura politica non avrebbero garantito ad alcun governo, armonia, coesione, un programma comune per il bene della nazione. Ebbene ad agosto scorso, siamo stati in tanti a evidenziare la mancanza di ogni possibilità che un governo giallorosso potesse fare bene, parliamo di giuristi, opinionisti, esperti di politica e di diritto, per non parlare della maggioranza elettorale del paese che chiaramente guardava altrove e non si trattava di solo antagonismo ma di realismo. Tanto è vero e ci dispiace assai, che complice la maledizione pandemica, dopo 10 mesi di Conte bis siamo, al lumicino, appesi disperatamente ad una Europa che non ci ama, incapaci di reperire risorse con una revisione della spesa che sarebbe obbligatoria, di provvedimenti utili alla crisi da chiusura della produzione e del lavoro, impantanati nei decreti da strizzacervelli che anziché aiutare sembrano fatti per ritardare e scoraggiare al punto tale da essere stati bocciati da tutti.
Da Confindustria alle associazioni di categoria, dagli autonomi alle rappresentanze produttive, dalle confederazioni dell’economia reale a milioni di cittadini esasperati, è un coro di protesta, rabbia e malumore, mentre il governo celebra la festa con la kermesse degli stati generali. Eppure chi pagherà le scadenze fiscali tutte confermate, chi potrà mantenere la valanga di posti senza fatturato, chi riuscirà a tenere aperta la serranda senza un aiuto concreto contro una crisi tremenda, chi sarà in grado di retribuire e sostenere le spese con un incasso decimato? In fondo sarebbe bastato copiare gli altri, dall’America all’Inghilterra alla Germania alla Svizzera alla Francia, tutti hanno dato subito ciò che serviva, ma il Conte bis anziché copiare come ai tempi della scuola, ha ingaggiato esperti e cervelloni per decreti che solo a vederli verrebbe voglia di stracciarli. Noi non sappiamo la verità vera sui sondaggi che il governo fa girare, non abbiamo bisogno dei giornaloni sul consenso di conte e del governo, sappiamo che nel paese si rischia l’inferno, che dal nord al sud l’apparato produttivo è preoccupato e contrariato, che la gente è stanca e inviperita e ha voglia di votare e di cambiare, voglia d’alternanza e di democrazia, prima che la bocciatura si trasformi in una micidiale iattura.
di Alfredo Mosca