lunedì 15 giugno 2020
Di certo l’apparato della comunicazione di governo cercherà di far credere che si tratti di una nuova Bretton Woods, ma in realtà a Villa Pamphili di straordinario e spettacolare, resteranno solo i giardini e il casino del bel respiro dell’Algardi. Anche perché allora, la mente più brillante, era quella di un certo Keynes, mentre ora, seppure con rispetto, è quella di Conte, dunque lasciamo a voi confronto e paragone. Tanto è vero che a Bretton Woods, nell’estate del 44 si riscrissero le regole dell’economia e del commercio planetario, a Villa Pamphili al massimo, si scriverà di qualche retroscena e un po’ di scontatezze note e arcinote, insomma, Absit iniuria verbis, un bel respiro di vapore acqueo. Del resto si sa, Giuseppe Conte e maggioranza, hanno bisogno solo di guadagnare tempo, prolungare la vita di un esecutivo che non è capace di partorire né un programma, né un progetto di rilancio del Paese, ecco perché passano dalla task force, ai commissari, alle passerelle più costose.
Altroché come dice il premier “non sprecheremo un solo euro” perché da quando governano, i giallorossi, di euro ne hanno sprecati a valanghe di miliardi, a partire dalla finanziaria per finire a quelli dei Dpcm sparpagliati a pioggia e in assistenza, oltre ai costi per gli esperti e le kermesse. Perché sia chiaro la task force non è una onlus, come l’allestimento del palcoscenico sugli Stati generali non costa come un incontro a coca cola, aranciata e qualche pizzetta, parliamo di cifre che avrebbero ristorato chissà quanta gente che per la chiusura si ritrova senza niente. Qui non si tratta di critica demagogica e populista, si tratta di sostanza, perché un Governo che fosse tale, dovrebbe esso stesso pensare ad un programma generale, un piano politico economico di contrasto e di rilancio per la crisi, piuttosto che rivolgersi al resto del mondo. Per carità, qualche supporto è naturale, suggerimenti esterni li hanno avuti tutti gli esecutivi, ma il Conte bis va appaltando tutto, cercando sponda ovunque, oltretutto male perché anche agli stati generali tante categorie sono state trascurate, non invitate.
Eppure non c’è da sorprendersi perché l’errore grave è stato di consentire che l’Italia finisse in mano ad una maggioranza che non solo non era una coalizione e si accusava reciprocamente su tutto, ma non aveva uno straccio di programma e di visione nemmeno al proprio interno. Tanto è vero che appena nata si è spaccata con la nascita di Italia viva, col siluramento di Luigi Di Maio, i contrasti di +Europa, le montagne russe di Nicola Zingaretti, figuriamoci dunque se potesse partorire una strategia, un disegno politico coerente per affrontare una crisi devastante. Prova ne sia che già sulla legge di stabilità abbiamo assistito alla fiera delle vanità, ai monta e smonta, alle proposte più sconclusionate, annunci e smentite, insomma alla qualunque che ha condotto ad una finanziaria per tenere in piedi la coalizione piuttosto che l’economia della nazione. Dunque dal pataracchio della legge di bilancio a quello dei Dpcm sulla crisi il passo è stato breve e non poteva essere altrimenti, visto che le “brillanti menti” in un Paese normale dovrebbero far parte del Governo che ha l’onere di indirizzare il Paese e non di gruppi esterni alla scelta popolare.
Specialmente quando la scelta popolare non ha indicato nemmeno la maggioranza che gli è stata imposta, pensate in che contesto siamo, governati da partiti antagonisti in campagna elettorale, da un esecutivo messo in piedi solo per impedire il voto, che senza un programma, lo cerca altrove. Oltretutto a scoraggiare questa soluzione disastrosa, non è servita nemmeno l’esperienza gialloverde, che aveva combinato, complice la sciocchezza enorme di Matteo Salvini, già più guai di Carlo in Francia, come a dire che sarebbe bastato guardare dietro per portarci direttamente al voto. Ecco perché siamo arrivati a Villa Pamphili, al festival del potere, delle auto blu e delle porte chiuse, dei potenti, mentre il Paese si avvia agli stenti, ai fallimenti, ai licenziamenti, per una crisi senza precedenti. Siamo arrivati alla questua in Europa, a dipendere solo dai suoi finanziamenti, ad aspettare con la canna del gas un consenso al Recovery Fund, al Next, o quel che sia, senza attivare una nostra strategia per reperire e disporre di risorse autonomamente.
Anzi questo Governo ha fatto peggio, perché in questi mesi al posto di avviare subito una revisione della spesa, sia corrente che in previsione, bloccare gli sprechi, ha usato ancora più denaro comprese molte cose dentro i Dpcm in finanziamenti improduttivi, benefici agli statali, sovvenzioni assistenziali anziché investimenti infrastrutturali, sostegni produttivi, vantaggi fiscali agli operatori economici. Eppure sarebbe bastato mettere mano alla fornace pubblica per recuperare decine di miliardi da impiegare meglio a parità di spesa, per disporre di un gruzzolo molto consistente da investire contro la crisi, per arrivare in Europa forti di una strategia di riforma in atto dell’economia.
Ecco perché è inutile far credere che Governo e maggioranza possano portarci fuori dall’imbuto, risollevarci dalla crisi, è rischioso non cambiare e non votare, ai giallorossi manca tutto, dal programma alla coesione, dalle idee alla visione, dalla cultura dello sviluppo a quella della produzione, sono tutti figli della sinistra, di quella storia antieconomica, statalista e assistenzialista che ci ha ridotti un colabrodo, per salvarci l’unico modo è l’alternativa politica e culturale di una rivoluzione liberale.
di Alfredo Mosca