L’Italia precipita e il governo organizza festival

mercoledì 10 giugno 2020


È davvero incredibile, il Paese è ridotto al lumicino, attraversato da un clima di rabbia, impaurito dal lavaggio del cervello, esasperato per il lavoro, la chiusura e la crisi devastante, e l’esecutivo pensa alle kermesse, che non solo non servono ma storicamente portano sfiga. Dopo gli show delle dirette, le conferenze social, paginate di interviste autocelebrative, l’ingaggio di task force per fare scena, arrivano gli Stati generali che costarono al Re Luigi l’osso del collo e alla Francia, prima il terrore e poi la restaurazione. Insomma ci vuole coraggio particolare a presentarsi a quella parte degli italiani che rischia il posto, la bottega, il sudore di una vita, perché agli statali non è stato chiesto un solo sacrificio, anziché con un provvedimento finalmente giusto e risolutivo, con un festival di lustrini e pailettes. È un ulteriore modo per ritardare, e distrarre l’attenzione dalla assenza totale del lavoro di un governo che non avrebbe dovuto nascere e che invece da quando è nato, o ha sbagliato oppure è rimasto imbalsamato.

Chissà magari la prossima mossa della maggioranza, dopo gli Stati generali, sarà l’istituzione di un premio letterario al politico dell’anno, forse nella meravigliosa cornice di Taormina, di Capri, oppure a Roma in quella di Caracalla. Sia come sia è tutto assurdo, tanto è vero che nella stessa coalizione in un sussulto di pudore sugli Stati generali si è litigato eccome, non fosse altro che per rispetto alla situazione dopo decine di migliaia di morti e la troppa gente che purtroppo ancora muore tutti i giorni. Non serviranno a niente gli Stati generali, figuriamoci se il governo dopo aver dimenticato che esiste un Parlamento per affrontare e risolvere i problemi, dia retta alle parole che usciranno a villa Pamphili, saranno esclusivamente altri giorni sprecati, sottratti al tempo che è un nemico. Del resto l’abbiamo visto con la task force, con le riunioni insieme alle associazioni, alle opposizioni, nulla o quasi è stato preso in considerazione, Giuseppe Conte ha tirato dritto con quei decreti che al posto di servire stanno facendo esasperare e imbestialire milioni di operatori, gestori, imprenditori, lavoratori.

Eppure sembra che tutto questo vada bene, che l’Italia sia affidata in buone mani, che le scelte siano giuste, che i giallorossi siano capaci di portarci fuori dalla crisi, che questo governo ci consegnerà ad un futuro di crescita, ripresa, lavoro e fatturato. Tanto è vero che si vorrebbe tenerlo fino al 2023, anche perché con l’emergenza sanitaria e il semestre bianco del prossimo anno c’è chi assicura che le elezioni politiche non si faranno, insomma siamo condannati a prescindere dai fatti, dalla realtà, dall’evidenza di una maggioranza di incapaci. Pur di tenerci sotto scacco della coalizione più inadatta e di sinistra della storia le inventano tutte, il virus immortale, i mercati pronti a farci male, l’Europa che non capirebbe una tornata elettorale, si è istituita una democrazia sotto condizione, il Mes è senza ma la democrazia no, roba da non credere. Insomma ci hanno narcotizzati così tanto da accettare ogni scusa e ogni motivo per tenerci stretto un esecutivo inadeguato, confuso e sbandato, che sta portando il Paese contro un muro, perché sia chiaro questa è la strada. solo gli sprovveduti pensano il contrario.

Del resto dei provvedimenti ancora è arrivato poco è male, mentre le scadenze fiscali arriveranno eccome, dei soldi dell’Europa festeggiati a interviste e paginate nemmeno l’ombra e se andrà bene se ne riparlerà tra un anno, di quelli nostri annunciati in tivù a centinaia di miliardi non ne parliamo, dunque dove andiamo se non a sbattere sul muro? Eppure si fa il festival, si brinda, come il festone sul balcone per la vittoria sulla povertà, l’anno bellissimo che è stato, il reddito che hanno regalato e non ha creato un posto di lavoro, si dichiara come ha fatto il presidente dell’Inps che siamo stati inondati di quattrini e che le aziende sono ferme per colpa loro, pigrizia, roba da matti. Ebbene in un Paese normale da quel di che avrebbero indetto nuove elezioni, costretto il governo alle dimissioni, mandato a casa gli incapaci, ascoltato il giudizio della gente, ma da noi si sa, ai cattocomunisti non gliene frega niente, la cosa che conta è avere il potere in modo permanente.


di Alfredo Mosca