lunedì 8 giugno 2020
L’Italia, dopo la pandemia del Coronavirus, ha sicuramente accentuato i suoi problemi. Adesso, come se non ci fossero già abbastanza castagne sul fuoco, il problema da affrontare urgentemente è questa maledetta ripresa e non ha suon di proclami, ma di fatti, tenendo presente l’eccesso di spese rispetto alle entrate. Ma per rimediare a questo ed evitare sprechi, il nostro premier Giuseppe Conte, delegittimando in un primo momento il Parlamento, in seguito ha chiamato a Palazzo Chigi dei tecnici (oltre mille), formando delle task force e comitati con un bel dispendio di denaro pubblico, dando loro il compitino di studiare e valutare quanto c’è da fare, come farlo e soprattutto come intervenire. Proviamo a formulare un’ipotesi: ammettiamo che tutto sia messo a posto e che a suon di promesse e di roboanti Stati generali dell’Economia, per inciso dovevano partire propri oggi e sono stati rinviati, sembra a mercoledì, ma vabbè questo è un solo un dettaglio, dicevamo ammettiamo che dopo tutto ciò la nostra nazione riparta, poi che Italia ci troveremmo davanti? Un problema da risolvere, tra i tanti, è senza dubbio quello rappresentato dal divario tra nord e sud. Quest’ultimo sembra essere stato posto, sempre più, su una strada impervia. Il Mezzogiorno, soprattutto dopo il Covid-19, è sempre più povero e sappiamo tutti che dove vi è povertà pullula maggiormente la malavita, che ha tutto l’interesse a mantenere le cose così come stanno.
La difficoltà, però, esiste e andrebbe affrontata una volta per tutte, non basta chiamare un dicastero ministero della Coesione territoriale e del Sud per dimostrare che vi è un interesse verso questa tematica, bisogna poi muoversi attivamente per cercare, nei fatti, di risolverla. Non basta neanche fare, come ha fatto Conte, erigendosi a paladino del meridione e finire poi a riproporre sempre la solita solfa, senza nessuna idea innovatrice all’orizzonte, ma mosso solo da qualche puro e semplice calcolo elettorale per accaparrarsi dei voti. Alzando gli occhi verso il resto della nostra penisola esiste anche un problema chiamato nord che, viceversa, nel corso del tempo si è sviluppato in termini imprenditoriali, nonostante la burocrazia e la competitività impari di altre nazioni, ma di cui adesso si incomincia a sentire il fiato sul collo. Un nord che, tra l’altro, ambisce a essere sempre più efficiente, come del resto vorrebbe essere anche il sud ed è per questo che entrambi esigono, a gran voce, infrastrutture adeguate e una Pubblica amministrazione più snella. Inoltre, bisogna fare i conti, purtroppo, con la questione della disoccupazione sempre più dilagante, soprattutto dopo il fermo di questi mesi.
Senza nascondere la testa nella sabbia, va detto chiaramente che questa situazione, incancrenita maggiormente dalla pandemia, ha prodotto delle scelte errate, sotto l’aspetto economico, intraprese dal Governo nella gestione della crisi e che tali rimedi hanno prodotto, inevitabilmente, una pressante perdita di competizione delle imprese italiane a livello internazionale. Infatti, il fermo, così lungo, imposto alle imprese italiane ha sancito l’uscita di queste dai mercati esteri consolidati già da tempo e che difficilmente potranno essere riconquistati dalle nostre società. Con buona pace di tutti, è duro ammetterlo, questo Governo ha, inconsapevolmente, suicidato l’imprenditoria italiana in un sol colpo. Per dirla fuori dai denti, si fa sempre più pressante l’esigenza di non continuare ad assistere inermi a quel processo di cambiamento che si sta attuando nel mondo, sia in termini di tecnologia sia di geo-economia. Il primo ha portato, inevitabilmente, alla perdita di posti di lavoro, aggravata in aggiunta dalla pandemia, il secondo ha ridisegnato i confini del potere economico, facendo emergere nazioni come la Cina e l’India.
Insomma, in Italia, in aggiunta a quanto accaduto da qualche mese, si sta vivendo una complicatissima transizione, se questa sfocerà portando risultati positivi è da vedere, di certo dopo le ultime scelte governative, obbiettivamente, qualche dubbio fondato appare all’orizzonte. La nostra nazione è troppo articolata e diversa, nord e sud non hanno le stesse esigenze, ma stranamente sia i lavoratori che gli imprenditori di entrambi hanno dimostrato, nell’ultimo periodo, che si è sulla stessa barca, entrambi in estrema difficoltà. Lo stesso Governo è rimasto impantanato, quindi prima di ridargli palla, quindi fiducia, è bene ricordarsi di ciò che ha fatto, anzi è il caso di dire di ciò che non ha fatto per il rilancio del Paese per farlo uscire dal caos. Speriamo solo che il tutto non finisca per essere ricondotto alla semplice definizione in base alla quale l’attuale Governo Conte è un governo che si muove, ma che non muove!
di Alessandro Cicero