lunedì 1 giugno 2020
La dolorosa esperienza della pandemia rende oggi ancora più forti le ragioni, non solo economiche, dello stare insieme in Europa. Ne è una dimostrazione la solidarietà e la voglia di collaborazione (in queste settimane) manifestata dai più alti rappresentanti delle istituzioni europee e dai principali leader politici come la cancelliera cristiano-democratica Angela Merkel che ha voluto a tutti i costi un’Europa più unita e forte. Ma cosa è accaduto nei giorni scorsi? Un fatto storico importante che potrebbe spegnere una volta per tutte i mugugni e le ostilità verso la più alta rappresentanza istituzionale. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha presentato una proposta ambiziosa e ben articolata per sostenere la ripresa economica e sociale dei paesi Ue travolti dall’emergenza sanitaria: un piano di ricostruzione “Recovery Fund” in linea con le intenzioni dei quattro principali Paesi (Germania, Francia, Italia e Spagna) che dovrà, però, essere perfezionato dietro l’approvazione all’unanimità di tutti gli Stati membri nel prossimo Consiglio europeo del 17 e 18 giugno.
In particolare, la proposta della Commissione europea prevede la costituzione di un fondo (le relative risorse saranno raccolte sui mercati) di 750 miliardi di euro da destinare a trasferimenti a fondo perduto e prestiti a tassi agevolati agli Stati membri (rispettivamente per 500 e 250 miliardi) e sarebbero assegnate nell’ambito del quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea. L’Italia è un paese ad alto indebitamento che riceverebbe la cifra più elevata ovvero una somma cospicua di 170 miliardi e di essi 81 sarebbero trasferimenti a fondo perduto. E non va dimenticato il pacchetto già esistente di strumenti di finanziamento messi in campo dalle stesse istituzioni europee quali il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) per far fronte all’emergenza sanitaria, i fondi della Banca europea degli investimenti (Bei) a sostegno del credito alle piccole e medie imprese, i fondi per le politiche attive sul lavoro (Sure) e i fondi strutturali (senza il cofinanziamento statale) ancora non utilizzati. Il nostro Paese avrà a disposizione una somma ingente di risorse da utilizzare per rafforzare il sistema delle imprese e il mercato del lavoro e non per alimentare ulteriormente la spesa pubblica corrente attraverso bonus, soldi a pioggia e misure assistenzialistiche che non generano lavoro.
In particolare, l’Italia dovrà presentare un grande piano di ricostruzione e di riforme in linea con le raccomandazioni dell’Ue: investire nella digitalizzazione dell’apparato pubblico per renderlo efficiente e meno costoso, realizzare le infrastrutture innovative e sostenibili (telecomunicazioni, strade, ponti, ferrovie, porti), aumentare gli investimenti nell’economia verde, riformare il sistema giudiziario ed eliminare tutti i vincoli burocratici che da decenni rendono il nostro Paese incapace di spendere i fondi che l’Ue mette a disposizione. L’Europa c’è e si è dimostrata consapevole del ruolo che può avere nel continente e nel mondo. Adesso tocca all’Italia non sprecare questa grande occasione per fronteggiare i danni causati dalla pandemia ma anche di riassorbire le ferite mai guarite nell’ultimo decennio. Diversamente, il nostro Paese continuerà ad arretrare, perdendo inesorabilmente altri posti di lavoro e rischiando persino il default.
di Donato Bonanni