giovedì 14 maggio 2020
Certo che a piangere in diretta quando non si è rinunciato a una lira di stipendio, né si è proposto di farlo al Parlamento, ai grandi manager, ai super burocrati, alle istituzioni più pagate, ai fuori tetto di Stato e via dicendo, ci vuole coraggio. Lo stesso coraggio col quale si annuncia una amplificazione a dismisura dell’assistenzialismo, dello statalismo elettorale con decine di migliaia di assunzioni, l’assenza di riforme strutturali, tutto condito da scuse e dispiacere per ritardi ed omissioni da far salire rabbia e indignazioni. Insomma chiedere scusa per gli intoppi come fossero dipesi dai marziani piuttosto che dagli enti di Stato è insopportabile, tanto più se per decreto non si è esitato a sospendere diritti costituzionali ma non si è obbligato l’apparato a dare subito il dovuto. Perché sia chiaro non c’è scusa per quello che è successo, visto che se si fosse voluto si sarebbe potuto disporre che gli enti pagassero immediatamente, ben sapendo che in Italia quando lo Stato deve incassare è capace di tutto mentre quando deve pagare dimentica il diritto.
Per farla breve le scuse possono valere di fronte all’imprevisto ma non a ciò che si è garantito a reti unificate, anche perché lo Stato se deve prendere dai cittadini se ne buggera delle giustificazioni per ritardi od omissioni e fa scattare multe, interessi e fior di sanzioni. Ecco il motivo per cui ci vuole una dose di spudoratezza a chiedere perdono dal comodo di poltrone mentre si parla a milioni di persone in piena crisi da disperazione economica, come ci vuole misura e sobrietà quando si annuncia una Manovra che verrà, perché di questo si tratta. Si tratta insomma dell’ennesimo decreto da vedere visto che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, per questo le autocelebrazioni, le magnificazioni di un intervento come fosse il frutto di una scoperta che cambierà la storia, sono solo supponenza da verificare a futura memoria. Tanto è vero che ancora una volta il dispositivo è contorto, condizionato e diviso in mille rivoli e opzioni, subordinate e situazioni, basterebbe pensare alle 500 pagine e alle centinaia di articoli di cui è composto per capire quanto sia l’opposto della semplicità.
Per non dire che nel presentarlo si è di nuovo cercato di suggestionare senza spiegare, ad esempio il fondo perduto strombazzato di 40mila euro non è Stato accompagnato dal chiarimento che per averlo bisognerà aver perso una cifra pari a quasi 900mila euro che tradotto vuol dire un ristoro massimo del 5 percento del danno subito, un pannicello caldo. Come un contentino sono gli altri 600 euro per gli autonomi, gli ecoincentivi per investimenti che non si sa con quali soldi si faranno visto che le aziende non hanno nemmeno la liquidità per vivere, oppure il trasferimento a settembre di tutte le scadenze fiscali. Pensate come si potrà pagare le tasse vecchie e nuove in un ratone settembrino dopo 6 mesi di mancati incassi e sofferenze, insomma sul piano fiscale c’è troppo poco, perché l’abbuono dell’Irap che pure qualcosa vale è un ristoro di soli 4 miliardi sui 55 impegnati, meno dell’otto percento, una minuzia rispetto al necessario, Per non parlare del fatto che dei 55, più di 25 miliardi andranno in assistenza anziché sviluppo, che sui prestiti bancari siamo punto e a capo, nessun obbligo alle 24 ore, nessun automatismo, nessuno scudo per evitare che gli istituti di credito non eroghino i soldi.
Ecco perché parliamo di manovra miope e ingannevole, perché si rischia di bruciare un fracco di miliardi, come si è fatto troppe volte in passato, si pensi ai bonus di Renzi che avrebbero dovuto stimolare i consumi e che invece hanno stimolato solo la spesa pubblica per oltre 10 miliardi di euro l’anno, oppure l’idiozia di quota 100 e del reddito grillino che non ha creato un posto nuovo di lavoro. Con l’assistenza da socialismo reale non solo non si cresce ma ci si affonda, si ingigantisce il male nostrano di una spesa pubblica fuori controllo parte della quale è inutile e dannosa proprio perché improduttiva, clientelare, elettorale e assistenziale. Per questo l’occasione di crisi eccezionale, doveva essere utilizzata per le riforme, per una revisione strutturale della spesa pubblica, per uno shock fiscale senza precedenti, per un taglio draconiano alla burocrazia che eliminasse vincoli e impedimenti, per creare al sud un’area di assoluto vantaggio all’intrapresa e all’occupazione produttiva, altroché sanatoria. Qui non si tratta di regolarizzare un mondo oscuro per via di un condono, si tratta di farlo creando le condizioni affinché venga alla luce con vantaggi e sconti, stimoli e facilitazioni, premi fiscali e d’investimenti, altrimenti passati 3 mesi saremo punto a capo con l’aggravante di dover assistere centinaia di migliaia di persone in più, bisogna passare dalla cultura comunista del soccorso di Stato a quella democratica dello sviluppo e della crescita d’impresa, dello stimolo all’iniziativa libera. Con questo decretone giallorosso, si corre il rischio di gettare via 55 miliardi, accettare il Mes sperando che vada bene, essere nel mirino della Ue, e di ritrovarci in autunno, senza un euro, senza ripresa, con una montagna di chiusure e, fallimenti, con l’ipotesi plausibile di una esplosione sociale senza precedenti, alla faccia dello studio approfondito, prolungato e adeguato.
di Alfredo Mosca