lunedì 11 maggio 2020
In questo strano avvio di primavera ho avuto la conferma che l’informazione è manipolata. Che ingenuo, nulla di nuovo sotto il sole. Ma nell’epoca del virus che ci dà sicurezze zero, una certezza invece si, c’è. È la precisa volontà narrativa di convincere i cittadini che gli indirizzi globalisti, statalisti e filocinesi, siano indiscutibili e obbligatori da seguire. Con un capillare dispiegamento di tecniche di disinformazione. Non importa che la notizia sia vera o falsa, quello che conta è come arriva. Eccone alcune.
La prima tecnica è semplice. È l’arte di oscurare la notizia.
L’11 aprile Donald Trump firma un piano di aiuti straordinari all’Italia. Forniture tecnologiche e logistiche agli ospedali italiani. Un piano pensato dagli Usa per contrastare la campagna di disinformazione messa in atto dalla Cina. In pieno lockdown a Wuhan, Fang Fang, celebre scrittrice cinese, racconta in forma di diario quotidiano l’emergenza dalla città trincea teatro dell’emergenza, senza risparmiare critiche al regime cinese. Blogger come Chen Quishi, che hanno denunciato le responsabilità del partito comunista, sono scomparsi e “costretti a sparire”. Ebbene tutte queste rilevanti notizie sono state abilmente nascoste o depotenziate dai media mainstream. Venirne a conoscenza è stato solo merito di voci liberali sparse nell’oceano della Rete o di trasmissioni coraggiose come Le Iene.
Al contrario, gli aiuti propagandistici cinesi sono stati enfatizzati dal giornale unico del virus e dalle istituzioni, con tanto di conferenze stampe ideate ad hoc.
La seconda strategia è misera. Diffondere notizie false. Per resuscitare l’immagine della Cina, per iniettare terrore e così accentuare il delta stato – sudditi.
Sempre a inizio aprile, il Sole 24 Ore, non certo un foglio di sinistra marxista, dedica un focus alla Cina di alcune pagine, un vero e proprio omaggio al governo orientale. La ripresa della Cina punta sempre più sul digitale, Xi Jinping in prima linea a fianco del popolo cinese. Sono solo alcuni degli ossequiosi titoli degli articoli. 29 aprile. Pennivendoli di più testate annunciano che in Germania “alle riaperture delle attività sono conseguiti nuovi focolai del contagio”, ma i video non corrispondono alla presentazione dei giornalisti, perché filmati nelle strade di altre nazioni. Grafici poi diranno che in Germania non c’è stato alcun focolaio, e addirittura le prime pagine dei giornali tedeschi non fanno menzione della paventata emergenza coronavirus nel loro paese.
La terza, velenosa. Bollare come fake news qualunque spunto di riflessione non conforme alle verità ufficiali.
Già dopo pochi giorni di Covid era chiaro che stampa e tivù, tranne le lodate eccezioni di Libero, Il Giornale, Il Tempo di Franco Bechis, La Verità e Nicola Porro, brancolavano in astinenza di qualunque spirito critico, che in un mondo normale costituirebbe il requisito top di onorabilità professionale di qualunque giornalista.
Palesemente schierati con il Governo, essi si sono prodigati in moniti spietati ai paesi a guida destra e soffici carezze al cappuccetto rosso cinese. In un pomeriggio di fine marzo si diffonde nei social un servizio del Tgr Leonardo anno 2015 in cui si mettono sul banco degli imputati i rischi dei laboratori cinesi dove si è sviluppato un organismo modificato, innestando una proteina artificiale di un coronavirus trovato nei pipistrelli. Vale la pena rischiare? – si domandano gli autori. Tempo due ore e già il soccorso rosso 2.0 accorre in difesa del dragone rosso, squalificando una approfondita inchiesta, condivisibile o meno ma ben documentata, che ha avuto il solo torto di proporre garbati spunti di riflessione in un mare avvilente di intorpidimento mediatico. Quasi inutile sottolineare che il giorno dopo anche l’allega brigata del Giornalone unico e dell’album Panini dei virologi si è affrettata a smentire sovieticamente il servizio. Pochi giorni dopo, diretta conseguenza di episodi come questi, viene creata la task force contro le fake news, con il chiaro intento, visto anche il curriculum sinistro dei componenti, di mettere a tacere qualunque ingenua voce dissidente, di modo che video come quelli di Leonardo non solo non potranno più essere commentati, ma verranno bruciati sul nascere.
La quarta, subdola. Distorcere la notizia rendendola comunque credibile. Operazione più facile quando c’è di mezzo la barriera della lingua.
Nella conferenza stampa del 23 aprile, Donald Trump rivela le discussioni sui test con la luce ultravioletta sui pazienti. E poi si è visto che il disinfettante, elimina il virus in un minuto. E magari c’è un modo in cui possiamo fare una cosa del genere, mediante iniezione all’interno. Trump non ha mai proposto di iniettare disinfettante ai pazienti, e nella medesima riunione con i giornalisti, ha rinviato ai medici l’incombenza di verificare. Al contrario, i media hanno strillato per giorni, riportando che il presidente abbia indicato agli americani di curare il virus con il disinfettante, screditando la sua credibilità in giorni in cui era salita grazie alla sua decisione, questo sì un fatto vero, di tagliare i fondi all’Oms per i ritardi nella gestione iniziale del virus cinese. Tecnica scaltra.
Dare la notizia scomoda a bassa intensità, per poi distrarre il telespettatore coprendola e infine annullandola, con un diluvio di lunghi e rumorosi servizi, con identici attori ma di tema opposto. L’8 maggio i soliti giornali che conosciamo si dedicano a una nuova disciplina olimpica: il tiro al passante. Pubblicano foto in cui di assembramenti di giovani, lestissimi, sostengono Colliele della Seta e affini, ad approfittare della riapertura del 6 maggio per tuffarsi nell’aperitivo mondano ai Navigli. Per lo stato dirigista sono loro i nuovi untori, individui incapaci di badare alla loro salute e a quella del prossimo, sono loro che causeranno la seconda ondata del virus! Peccato che invece le foto erano state fatte con il teleobiettivo e le persone stavano rispettando le regole, erano socialmente distanziate. Poco importa. I media hanno vinto di nuovo e il messaggio è passato, tant’è che il giorno dopo i Navigli si sono presentati semideserti. I media hanno vinto di nuovo? Vedremo. Alla fase due la (non) ardua sentenza.
di Luca Bonanni