Appesi ai 30 miliardi del Mes

giovedì 16 aprile 2020


Già la cifra dovrebbe far capire quanta leggerezza ci sia stata nel gridare ai quattro venti una potenza di fuoco di 600 miliardi da iniettare, perché se fosse stata vera una tale disponibilità, impiccarsi a 30 miliardi del Mes sarebbe a dire poco preoccupante. Come se non bastasse si va scoprendo un’altra faciloneria sul Mes, quella della assenza di condizioni, visto che se ne fossimo sicuri, come si è cercato di far credere, non ci sarebbe bisogno di aspettare il prossimo Eurogruppo per averne garanzia, elementare Watson.

Per parte nostra abbiamo sempre ripetuto che l’assenza di vincoli sul Mes fosse una chimera e utilizzarlo sarebbe un rischio grave, perché nella realtà l’impianto sulla restituzione, sul Fiscal compact, sul six pack è rimasto tale e quale. Del resto non è un caso se il Premier dopo aver negato la necessità del Mes e affermato l’inadeguatezza dello strumento, rimandi tutto alla verifica nell’eurogruppo prossimo sulla scomparsa delle obbligazioni per le utilizzazioni sanitarie.

Insomma, gatta ci cova perché in realtà non solo l’impianto del Fondo Salva Stati ratificato con Mario Monti non è cambiato ma le novità sull’impiego per l’assistenza da virus sono tutte da vedere, da scrivere e soprattutto da capire, punto e a capo. Ecco perché da parte di troppi c’è stata leggerezza sia nel far credere che tutto fosse definito sia che i 30 miliardi andrebbero presi ad occhi chiusi, con questa Europa a occhi chiusi non va preso un tubo, anzi ogni passaggio andrebbe analizzato con la lente d’ingrandimento prima di firmare.

Nessuno oggi può assicurare che, presi i 30 miliardi dal Mes e ampliato ulteriormente il debito pubblico, dalla Ue non scattino le condizioni capestro per il rientro nei parametri dei patti che seppure sospesi restano identici e pericolosi; insomma, la Troika non è stata eliminata. Ma se ciò non bastasse per capire l’inadeguatezza del governo resta il pressapochismo sugli annunci a partire dalla leva con garanzie statali sui prestiti delle banche che anziché 20 sarà al massimo di un quinto, nel senso che per ogni miliardo garantito ne saranno erogati non più di 4.

Insomma, allo stato delle cose i 600 miliardi, la potenza di fuoco mai vista prima d’ora, l’intervento più grande della storia è un trompe l’oeil, come una visione resta la garanzia sulla semplificazione per la concessione delle linee di credito alle aziende. In realtà per la maggior parte dei richiedenti ci saranno istruttorie, trattative e verifiche ostative prima dei prestiti; per farla breve, una via crucis che seppure minore richiederà tempo da aspettare, esattamente il contrario dell’assoluto necessario.

Per non parlare dell’ultima trovata sulla task force, un gruppo di esperti molti dei quali lontano dall’Italia, distanti dalla realtà produttiva nostrana che dovrebbe tracciare la strategia della ripartenza al posto della politica, in pratica proposte e indicazioni che porteranno altre dilazioni. Insomma altro tempo sottratto all’emergenza, altri confronti e discussioni, altre verifiche da fare in supplenza di una maggioranza politica che continua a delegare l’unico compito che dovrebbe assolvere, quello di proporre responsabilmente una via d’uscita dalla crisi rapidamente.

Ecco il motivo per cui insistiamo sull’incapacità del governo e della coalizione che lo sostiene, la stessa incapacità che abbiamo vista sulla Finanziaria, la stessa titubanza che abbiamo vista in questi mesi di emergenza, la stessa indecisione sulle cifre e sulla reperibilità delle risorse necessarie.

Del resto sembra incredibile che in quadro così duro il governo non abbia pensato ad uno straccio di revisione della spesa pubblica che è gigantesca, per togliere al superfluo, al non vitale, a ciò che ora è assolutamente esagerato per dirottarlo dove serve eccome nell’immediato. Parliamo di miliardi che potrebbero temporaneamente essere sottratti ad invarianza di bilancio e indirizzati a fondo perduto e in tempo reale verso l’emergenza nazionale, alle aziende, Partite Iva, artigiani, commercianti, operatori economici, ai cittadini in difficoltà.

Parliamoci chiaro, una cosa è certa, passato il top dell’epidemia, l’allarme, per ricostruire dopo questa guerra, perché dopo una guerra c’è sempre la rinascita, Schumpeter la chiamava distruzione creatrice, servirà un voto che dia al Paese una maggioranza politica chiara, netta e coesa. Non è immaginabile che la maggioranza giallorossa, nata da una forzatura, da una ipocrisia politica, dall’unione degli antagonismi, garantisca al Paese quella fondamentale concordanza politica su un programma straordinario di ricostruzione avallato dal consenso di un passaggio popolare elettorale.


di Alfredo Mosca