Mea culpa degli intellettuali di sinistra, ripartire con “il nuovo game” del genio italico

mercoledì 1 aprile 2020


Nel virus siamo entrati malissimo. Vale la pena ricordarlo. Sulla scia delle furenti polemiche tra Matteo Salvini-Lega e Pd-Sardine con “i fratelli” di Giorgia Meloni e il centrodestra contro il governo illegittimo, sono stati commessi errori gravissimi. Il più grave è stato la sottovalutazione dell’epidemia, responsabile di quell’exploit di contagi al nord e dunque di tante vittime. A poco vale ora rifugiarsi dietro alla scusa che è capitato anche a Boris Johnson o al re di Spagna e ai leader di mezzo mondo. La verità è che si confrontavano duramente, muro contro muro, due visioni del mondo, non solo due fronti politici. Da una parte il centrodestra, con Salvini e i governatori Attilio Fontana e Luca Zaia, che dopo “il governo delle Ong” attaccavano la minimizzazione dei comportamenti a rischio e le soluzioni necessarie.

Dall’altra la sinistra antifascista che teorizzava in ogni allarme, in ogni cautela e in ogni invocata prudenza la traccia residuale di una mentalità autoritaria e razzista. Per cui non si è potuto chiedere i tamponi e le quarantene ai cinesi di rientro dall’Hubei per sospetto discriminatorio. E tanti intellettuali deridevano e attaccavano pesantemente questo protocollo, mentre le frange estremiste come ai tempi della strategia della tensione piazzavano azioni militanti. Ai tempi furono le P-38, stavolta è stato un bombardamento ideologico di fake news. Forse ce lo siamo dimenticati, ma sono state lanciate una serie violenta di notizie false, in cui presunti razzisti violentavano gruppi di cinesi, lanciavano scritte intolleranti, cartelli di divieto, il soliti scenario olocaustico teatrale mediaticamente enfatizzato, che ha rischiato di sfociare in scontri e rivolte.

Nello stesso tempo abbiamo avuto le campagne “abbraccia un cinese” e “mangia uno spring rolls” con tanto di autorità alla Nicola Zingaretti che partecipavano agli aperitivi milanesi sulla vicinanza. Poi sono venute le distanze obbligatorie, si è dovuto militarizzare e creare uno stato di polizia per fermare la follia sinistra sociale. Con gravi ritardi e conseguenze. Sono state sottovalutate le immagini e gli allarmi che provenivano dalla Cina. Le mascherine mancavano totalmente dai primi di febbraio, quando con un articolo segnalammo che non se ne trovavano neppure a pagarle in nero. Erano giudicate la resa all’immaginario di destra, invece ce ne vogliono decine di milioni al giorno. Era follemente sbagliato. Sulle reti tivù la stessa compagine all’attacco ha promosso una linea di virologi ed esperti di riferimento, i quali hanno diffuso una versione del Coronavirus paragonabile a una brutta influenza, che colpiva gli ottuagenari messi male. Gli incauti comportamenti sono proseguiti soprattutto coi giovani in piazza fino all’ultimo coi loro aperitivi cinici e indifferenti. E dietro tutto il caravanserraglio del popolo dei no-vax, dei vegani, dei namasté, gli stessi che ancora fremono per il joggin e l’ora d’aria.

Lo scoppio violento dell’epidemia, virata in pandemia mondiale, ha sconfitto l’incredulità e portato via l’ideologia e la sua propaganda. È morta, sconfitta e schiacciata dal più grave e serio degli errori, la contestazione e la superbia post sessantottina. E con essa uno stile di fare opposizione di vecchio stampo. Viviamo la fine dei dualismi del Novecento, ha fatto notare anche Alessandro Baricco e come ammettono e descrivono fior di intellettuali progressisti. Stamane Ezio Mauro su Repubblica dedica un editoriale al cambiamento dei paradigmi politici e sociali da Covid-19 e Corrado Augias rievoca le pesti del passato, osservando come nei Promessi Sposi il potere politico e religioso lombardo siano stati segnati dalla svolta epocale sotto il dominio della divina provvidenza. A proposito, è un peccato che in queste ore di super programmazione la Rai non riproponga quello sceneggiato-evento per le giovani generazioni e un ripasso per tutti, ma langue la cultura mentre la virologia ci assedia.

Nulla sarà più come prima, è lo slogan. Abbiamo lasciato questo tempo con le carrette di disgraziati dall’Africa nella malefica condizione di riempire l’Italia e l’Europa di bisognosi d’apparenza, che hanno traghettato mafie e degrado per fare sulla pelle dei disgraziati business al prezzo di enorme degrado sociale e anche sanitario, perché il fatto che gli immigrati non si infettino e che solo gli italiani cadano morendo da cani è un altro dato tremendo. Non si tratta di eleggere Salvini l’odioso. Si tratta di smettere di odiarci fingendo di amare. Anche la Chiesa speriamo rifletta sul silenzio assordante e operi una trasformazione di sé indispensabile.

Siamo tutti di fronte a un nuovo inizio, con l’Europa unita che non c’è e che, a mio parere, non ci sarà date le diversità congenite e intrinseche dei nostri popoli non assimilabili. Non solo la moneta, l’identità. Il virus ha rivelato che un francese non è un italiano e neppure un tedesco o un inglese, che è possibile per noi diffondere protocolli come il vecchio caro genio italico, ma non subire e restare schiacciati. È possibile un confronto tra valori e culture, non tra monete, altrimenti la Grecia, la Spagna e l’Italia pagano anche il fatto di essere il piede di sbarco del Mediterraneo. Questo che sarebbe un valore è diventata la nostra passione e calvario. Il virus ha mandato in quarantena tutto ciò che non funzionava più, uno stop obbligato. Nessuno ha vinto e nessuno ha perso, tutti abbiamo sbagliato. Ricominciare sanando il passato.

Non si può uscire da queste misure draconiane, sofferte e pagate, col ritorno alle città di prima, ai porti, agli stranieri, alla cronaca nera. Non che li paghiamo noi coi vari “redditi” gestiti dalle mafie associative sollevando il Pil degli altri Paesi. Redditi di emergenza a chi, agli italiani spero? Il lavoro va ripensato, la regolarizzazione per la salute e sicurezza, non i sussidi soltanto per favorire i clan e le mafie.

Si sono fermati anche i femminicidi, se avete notato, dimostrando che la propaganda al male non giova alla vita delle donne. Occorre ripensare insieme, maggioranze e opposizioni, menti sane e fervide dall’una e dall’altra parte, una “nuova via Appia”, altro che Via della Seta! Tutte le strade portano a Roma e dunque rilanciare una “mondialità italica” che abbia per centro la nostra cultura rispettata e i nostri paradigmi resi produttivi e monetizzabili, i quali anche in questa pandemia pur con tutti i limiti e il nostri difetti stanno facendo la storia. Il game è aperto, come scrive Baricco.


di Donatella Papi