Il governo si ricorda del referendum

giovedì 5 marzo 2020


Siamo stati, con questo così modesto mezzo di comunicazione, i primi a parlare della necessità di provvedere alla conferma o meno della data del referendum costituzionale del c.d. “taglio dei Parlamentari” (29 marzo). Tra tanto parlare e sparlare di tutto, mentre la stampa e la televisione si scontravano sulla necessità o meno di rinviare una partita di calcio o sulla opportunità di tenerla a porte chiuse, tutti tacevano su questo passo (un passo invero sciagurato) di una poco opportuna riforma costituzionale, già messa nel novero degli espedienti per assicurare una durata oramai inconcepibile di questo c.d. Governo.

Subito dopo il nostro articolo si sono mossi i cosiddetti Radicali Italiani. Hanno dato segno di una discutibile esistenza ma anche di un non più facilmente reperibile buon senso. Ora il Governo ha deciso di discutere giovedì il rinvio della data del referendum in questione. Sappiamo che un po’ per tutti questo referendum è solo un dato formale. Nessuna delle forze politiche ha avuto il coraggio, il buon senso, la capacità di raziocinio per affrontare la sostanza della questione del “taglio”, se non in termini degni solo del populismo becero dei 5 Stelle. Il populismo è più esteso e radicato di quanto non si voglia credere.

L’ultimo mezzo per difenderci da questo stupido, inopportuno provvedimento, con il ricorso al voto popolare, ce lo stiamo giocando con penosa mancanza attenzione e di raziocinio. Che si debba “tagliare” il numero dei Deputati e dei Senatori per “risparmiare” è proposizione penosa, che implica una sciagurata mancanza di rispetto e di fede nelle Istituzioni Repubblicane. Che per il lavoro che il Parlamento è chiamato a svolgere i Parlamentari siano troppi è vero solo perché è stoltamente affrontata e praticata semmai, la questione del compito del Parlamento. Di cui si moltiplicano a dismisura le funzioni e le perdite di tempo e di cui non ci si preoccupa mai di ottenere il meglio della capacità e della personalità da eleggervi, facendo dei Parlamentari dei “dipendenti” dei gruppi, addirittura minacciati di “licenziamento” per “indisciplina”.

La disinvoltura con la quale a Destra e a Sinistra si parla di “mandato imperativo” è una bestemmia contro le funzioni dell’Assemblea che deve rappresentare, nelle persone di ciascuno dei suoi componenti, tutto il Popolo Italiano. Si impone ai Parlamentari un ruolo di lavoro subordinato. Se ne accresce a dismisura la mole e la mancanza di qualità. Poi si dice che i Parlamentari sono troppi. E vengono fuori le tesi (ricordo quella sostenuta, nientemeno che da Rosy Bindi, che poi si è fatta eleggere per non so quante legislature) sul “massimo” (2-3) delle legislature in cui avrebbero potuto far parte i componenti di una delle Camere. Diceva, la “Bella di Montecitorio”, che due legislature erano anche troppe.

Non parlerò, poi, del “taglio” dei vitalizi. Non ho mosso un dito per difendere le mie povere sostanze. Ora pare che la Corte Costituzionale dia ragione ai “ricorrenti”, a tutti noi “ex”. Auguri a quanti potranno fruire di un trattamento loro assicurato e strappato con effetto retroattivo alla scempiaggine di quelli del “Bar dello Sport”. Vedremo, intanto quando sarà rinviato il referendum. E non mancheremo di fare il nostro dovere.


di Mauro Mellini