giovedì 30 gennaio 2020
Che la democrazia in Italia da Tangentopoli in giù abbia subito ferite lo sappiamo perché a partire dalla giustizia e dall’interpretazione della Costituzione ne abbiamo viste tante che secondo noi i costituenti nemmeno sognavano. A partire dall’articolo 138, dalla separazione dei poteri, le prerogative del capo dello Stato, la composizione delle maggioranze, la parità fra cittadini, il lavoro, il capitolo fiscale e l’operato della magistratura tra interpretazioni e modifiche, tutto è diventato opaco.
Ma quello che più colpisce e che dal 2011, da quando cioè Silvio Berlusconi fu disarcionato da Giorgio Napolitano per insediare Mario Monti, con la sinistra e poi con i grillini e oggi con tutti e due insieme, siamo arrivati al colmo. Per farsene un’idea basterebbe pensare alla formazione del governo attuale avvenuta per sommatoria di potere piuttosto che per armonia e condivisione, visto che i componenti fino al giorno prima si dispregiavano pubblicamente.
Eppure si è consentito l’insediamento di un esecutivo che non offriva la minima garanzia di coesione per risolvere i mali del Paese, un governo il più a sinistra della storia nato per impedire piuttosto che fare, messo in piedi ad hoc pur di evitare nuove elezioni. E già qui sorge spontanea la prima domanda, se in condizioni ribaltate pur di sottrarre il Paese al voto si fosse proposta per il governo la maggioranza più a destra della storia sarebbe andato tutto nello stesso modo? Ci si sarebbe appellati alla Costituzione sui numeri parlamentari?
Probabilmente e fortunatamente no, perché ringraziando Dio ci si sarebbe appellati alla necessita di armonia e corrispondenza, oltreché a quella del sentimento popolare reale e sovrano. Non solo ma se l’eventuale maggioranza più di destra della storia, fosse stata reduce da una sequela di sconfitte elettorali importanti e consecutive, ci si sarebbe appellati alla volontà degli italiani e alla mancanza di un consenso tale da giustificare l’applicazione alla lettera del dettato.
Con tutta probabilità e giustamente saremmo andati al voto nel rispetto della gente e del buon senso di chi guarda in faccia la realtà nel paese. Per farla breve avrebbe vinto la democrazia come sarebbe giusto che fosse sempre, perché il governo privo di consenso è un precedente pericoloso per sua stessa natura, eppure oggi guarda caso ci ritroviamo proprio così.
L’Italia è governata da una coalizione formata da un partito nato dopo, Italia viva prima non c’era, da un partito che tranne in Emilia-Romagna è stato sconfitto a tutte le elezioni compresa l’ultima in Calabria, da un partito che praticamente non esiste più vittima di un tracollo clamoroso. Non c’è sondaggio che non indichi i grillini in liquefazione rispetto al 32 percento del 2018, per non parlare del caos e del fuggi fuggi interno ai cinquestelle, il tutto accompagnato da un premier indicato da loro che ha guidato due governi opposti.
Aggiungiamo che a sostegno della maggioranza partecipano altri cespugli postcomunisti che i sondaggi stessi fanno fatica a rilevare, per comporre un quadro non solo preoccupante, ma che secondo noi i padri costituenti non avrebbero accettato mai né da una parte né dall’altra. Eppure questa coalizione ha in mano il paese e sta avviando leggi fondamentali per la democrazia dall’obbrobrio della prescrizione alla parità di diritti in tema fiscale visto che il bonus avvantaggia i dipendenti e punisce gli autonomi, per non dire delle manette e della sicurezza nazionale.
Ecco perché diciamo la democrazia secondo loro, secondo la sinistra che non considera l’alternanza se non con sé stessa e in caso contrario cerca di impedirla giudicando il voto un pericolo anziché un bene e un diritto sacrosanto della gente. Se Tocqueville per paradosso quel viaggio l’avesse fatto in questi anni in Italia avrebbe scritto piuttosto che la democrazia in America, la democrazia azzoppata in Italia, da una sinistra che ha paura di votare pur di non perdere il potere.
di Alfredo Mosca