venerdì 24 gennaio 2020
Si è appena iniziato un anno difficile per tutti, per l’Europa in particolare, perché tra i dazi Usa, la crisi Libica, gli effetti Brexit, il Mes e le problematiche Bancarie, tenere botta e reggere il passo sarà davvero un’impresa, eppure noi siamo guidati da una maggioranza disperata e allo sbando. Insomma l’esatto opposto di quello che sarebbe necessario e che avremmo avuto se ci avessero lasciato votare dopo la crisi estiva, perché con le elezioni il centrodestra avrebbe fatto il pieno e a questo punto il governo sarebbe stato sostenuto da una maggioranza chiara, forte e solidale.
Avremmo affrontato le difficoltà con un programma definito per tutta la legislatura e con un esecutivo al riparo dai trappoloni, minacce, veti, contrasti e vendette incrociate, per farla breve in grado di garantire al paese una linea concordata e solida di fronte al mare aperto. Eppure nonostante si sapesse tutto di come sarebbe andata con questa maggioranza, si è preferito esporre l’Italia al rischio di una guida incerta, figlia solo dell’ipocrisia politica, sottomessa ai problemi e alle lotte senza quartiere di una maggioranza in disarmo e in ritirata.
Si è preferito insistere su Conte nonostante il fallimento precedente e affidare ancora la quota maggioritaria dell’esecutivo ad un partito, i cinquestelle, in piena crisi da disfacimento elettorale, devastato dalla dissidenza, annichilito dagli insuccessi a partire dalla catastrofe romana. Si è data fiducia al Pd nonostante ad ogni tornata amministrativa avesse riportato sconfitte clamorose e soprattutto fosse attraversato da guerre fratricide tra Renzi e Zingaretti tanto forti da provocare una scissione parlamentare e una costante minaccia di abbandoni.
Come se non bastasse per fare numero si è consentito che nella maggioranza entrasse la componente dei cespugli più a sinistra figlia di rotture precedenti e antagonismi inconciliabili sia coi Renziani e sia con una politica di crescita e sostegno alle imprese e allo sviluppo. Insomma per evitare che l’alternanza avesse la meglio come nei paesi dove la libertà di voto non è condizionata dal potere, dal numero di elezioni alla ricerca di stabilità, dalla demonizzazione dell’altro e dal concetto di superiorità della sinistra, si è dato il Paese in mano ai giallorossi.
Non solo si è data L’Italia ad una maggioranza che la democrazia elettorale avrebbe bocciata sonoramente ma che si sapeva avrebbe vissuto come vive sull’indecisione, sull’orlo della crisi quotidiana, sul filo dei veti e dei ricatti politici costanti, sull’incapacità direzionale e programmatica. Ecco perché oggi i giallorossi sono disperati, sbandati, alla deriva, appesi all’esito del voto di domenica, alla tenuta dei grillini in decomposizione, alla volontà di Renzi e soprattutto dei peones impauriti di tornare alla nullafacenza.
Peggio di così non poteva essere in una fase tanto delicata, per il Pil inchiodato allo zero virgola, per le scelte di politica internazionale, per le crisi aziendali devastanti, per il debito in continuo aumento, per i giovani che scappano in cerca di lavoro, per le attività che chiudono vittime del fisco. Ecco perché ci auguriamo che domenica prossima il popolo emiliano romagnolo li mandi a casa e voti il cambiamento, quel cambiamento che si vuole impedire con ogni forzatura, quel cambiamento che sarebbe democrazia, quel cambiamento che sancirebbe discontinuità, libertà e futuro.
Del resto chè libertà potrebbe essere quella che è impedita, obbligata a restare tale e quale con gli escamotage, con i giochi di palazzo, quale libertà può essere quella che non cambia mai perché condizionata dal potere e suggestionata dalle bugie, dagli spergiuri e dai voltafaccia. La libertà è quella di scegliere diversamente, di mandare a casa chi si incolla al potere, di mettere alla prova anche gli altri, di tentare un’altra via, di sconfiggere l’ipocrisia, di lasciare che la gente utilizzi la democrazia, si chiama alternanza, si chiama cambiamento, si chiama speranza nel futuro.
di Alfredo Mosca