È tutto relativo

venerdì 20 dicembre 2019


Sulla faccenda “Gregoretti” verrebbe da dire che anche su Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Beppe Grillo e i grillini. Albert Einstein aveva ragione, è tutto relativo. Parliamoci chiaro a sostenere che sulla Diciotti c’era consenso unanime, mentre sulla Gregoretti, il ministro dell’Interno avrebbe fatto tutto da solo e di nascosto, è a dire poco paradossale. Sia chiaro che pur di mantenere uno stipendio e una poltrona di prestigio, la politica ci abbia abituati a vederne di tutti i colori è vero, ma in questo caso francamente si è passato ogni confine, l’infinito si espande sempre.

Oltretutto sul processo per Matteo Salvini stavolta c’è un intervento della magistratura che lascia esterrefatti, non solo i giudici vedi “Opendi Matteo Renzi tendono a stabilire cosa sia e cosa non sia un partito, ma arrivano a interpretare cosa sia e cosa non sia una scelta politica. Lo sappiamo, qualcuno obietterà che non è così, perché dietro le due questioni, quella di Renzi e quella di Salvini, ci sono ipotesi di reato e dunque l’intervento dei giudici è scontato, peccato che nella magistratura stessa, ci siano posizioni contrastanti.

Che piaccia o meno siamo di fronte ad una politica sempre più inaffidabile, e ad una magistratura sempre più presente, seppure in sottile punta di diritto, nelle scelte e nella vita parlamentare. Per carità che Di Maio e i grillini fossero inaffidabili si sapeva prima della scelta scriteriata di Salvini di farci un governo assieme, bastava passeggiare per Roma e parlare coi romani per capirlo, ma che arrivassero a smentire le ragioni stesse della loro esistenza in vita è troppo. Tanto è vero che la faida interna contro Di Maio nasce proprio dallo spergiuro sul programma dei cinque stelle, a partire dal voto favorevole sul Mes, ecco perché siamo andati oltre ogni confine.

Del resto, l’isolamento nel quale è stato abbandonato Salvini sul caso Gregoretti, sovrapponibile a quello Diciotti, la dice lunga sulle motivazioni che hanno spinto Conte a farsi sostenere dall’alleanza fra grillini, Renzi e Zingaretti, una Manovra solo per impedire il voto a qualsiasi costo. E il costo che l’Italia paga è quello che vediamo. Ipocrisia, tasse, manette, obbedienza assoluta alla Ue, assenza di programmi, vertici notturni per mediare, trasformismi a gogò, zig zag su tutto, scissioni e trappole incrociate, le clausole Iva per niente annullate ma solo trasferite al 2020.

Ecco perché quando la politica vera latita e il Parlamento sbanda, quando l’unico pensiero è la poltrona, quando domina la paura di andare a casa e che si torni al voto, la magistratura trova spazio per supplire e intervenire. Vale per Taranto e per il caso Ilva, per il decreto sicurezza e per l’immigrazione, per Diciotti e Gregoretti, per le fondazioni, insomma vale per un campo che si allarga sempre e tende a relegare in una sorta di ruolo minore la sovranità parlamentare. Sia chiaro è la politica che sbaglia, che è sempre più incapace di riforme e decisioni coerenti sulla separazione dei ruoli e dei poteri, una politica che eviti incertezze nelle quali trova spazio la supplenza.

Del resto se le riforme si annunciano solo, le maggioranze si fanno contro, si promette una cosa e se ne fa una contraria, si passa da un governo all’altro senza elezioni, si lascia che un Premier guidi coalizioni opposte, ci si appella sempre a un salvatore nuovo, tutto diventa relativo. È dal 2008 che l’Italia non ha una maggioranza chiara uscita dal voto, da Berlusconi, in 11 anni, Renzi, Conte uno e Conte dueMario Monti, Enrico Letta, Paolo Gentiloni, , tutti premier mai votati sostenuti da maggioranze all’impronta,” ballerine”, e adesso ci sono pure le Sardine.

Ecco perché serve votare, anziché averne paura, non regge la scusa che col voto non cambierebbe niente, a marzo 2018 vinse la coalizione di centrodestra, se gli si fosse consentito di andare in Parlamento per cercare l’appoggio, magari oggi non ci troveremmo un governo e un Parlamento senza coraggio.


di Alfredo Mosca