mercoledì 13 novembre 2019
Quando si inasprisce la dose quotidiana di ipocrisia in politica, allora vuol dire che si avvicina la campagna elettorale. È una buona notizia? Dipende dai punti di vista.
Fatto sta che siamo di fronte al festival della doppiezza, a una serie di manovre atte a lucrare in termini di consenso o più banalmente a salvarsi le pregiate natiche. Lupus in fabula: Mara Carfagna ha scoperto da poco di essere democristiana, ha scoperto di vedere in Matteo Salvini una minaccia e di non sopportare che Forza Italia possa viaggiare a braccetto con la perniciosa Lega.
Peccato che, in tanti anni di governo con i lumbard, l’onorevole Carfagna abbia colto solo adesso (che il suo partito è ininfluente) la pericolosità di quelli che sono stati suoi alleati per tutta la Seconda e Terza Repubblica. Ma noi crediamo nella buona fede di questa novella Tina Anselmi e ci meravigliamo che qualche lingua biforcuta possa insinuare nell’attivismo della Carfagna una qualsivoglia brama di riciclarsi con Matteo Renzi per tirare a campare. Brutta gente.
Ognuno ha il proprio concetto di dignità e la propria etica per cui non saremo certo noi a dare giudizi su Mara Carfagna: ciò che ci spiace più di ogni altra cosa è che la parlamentare di Forza Italia abbia usato come pietra dello scandalo la Commissione Segre ben sapendo che si trattava di uno strumento pericoloso che – sotto le mentite spoglie del razzismo e dell’antisemitismo – mirava a mettere il bavaglio in maniera quantomeno anomala a tutti i cavalli di battaglia del centrodestra in maniera scorretta e autoritaria. Operazione che costituisce altro segnale chiaro che c’è aria di elezioni.
Aria a cui una sinistra senza argomenti ed in evidente caduta libera in termini di voti riesce a far fronte con lo stanco ritornello di sempre: il pericolo fascista. Peccato che il destino cinico e baro giochi contro questo ritornello vecchio e liso: sulla base di un presunto scoop giornalistico il mondo si è fermato davanti al preoccupante dato in base al quale la senatrice Liliana Segre sarebbe stata oggetto di insulti a sfondo antisemita quantificabili in duecento al giorno. Tra l’allarmato e lo scandalizzato, la politica italiana ha lanciato un grido di dolore, ha denunciato la deriva fascista, ha additato i fomentatori di odio ed è corso ad assegnare una scorta alla senatrice a vita onde poi scoprire che gli atti discriminatori in questione ammonterebbero a centonovanta all’anno e non tutti ovviamente all’indirizzo della senatrice Segre.
Premesso che anche un solo atto di antisemitismo dovrebbe provocare in tutti noi sdegno e premesso il massimo rispetto per la senatrice Segre e per la triste storia che rappresenta, adesso qualcuno dovrà giustificare l’incauta assegnazione di un sistema di protezione sulla base di una semplice inchiesta poi rivelatasi fallata (fallata ad arte?). La domanda sorge spontanea: sono peggiori le bestie che professano l’antisemitismo o coloro che lo strumentalizzano a fini elettorali? Lo stesso dicasi per i tre locali in qualche modo ascrivibili all’universo antifascista dati alle fiamme a Roma negli ultimi giorni: hanno tentato di strumentalizzare a fini politici una questione che parrebbe invece riconducibile al racket, all’estorsione ad opera (verosimilmente) della mafia nigeriana. Anche questo tentativo di strumentalizzare una vicenda così grave ci provoca una tristezza infinita.
La stessa tristezza che ci provoca Giuseppe Conte, l’uomo chiamato a risollevare le sorti del Movimento Cinque Stelle ma che invece sta agevolando con il suo immobilismo cerchiobottista l’annientamento del partito di Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Pensava di andare a trovare un briciolo di visibilità (e di consenso perduto) andando a Taranto a fare del populismo sulla vicenda Ilva e promettendo tutto a tutti senza avere un progetto in tasca. Ma la gente si è ormai fatta furba è ha ben presto intuito che “Giuseppi” era sceso in riva allo Ionio per organizzare una sorta di sfogatoio ponendosi come colui che incontra il popolo per capire. In realtà il Presidente del Consiglio non poteva far altro che ascoltare non avendo nulla da dire. Chiara manovra da populismo pre-elettorale così come lo sono la litigiosità della maggioranza sulla manovra finanziaria o i continui distinguo di Renzi.
Resta solo da capire chi prenderà l’iniziativa e farà implodere la maggioranza: converrà prima a Italia Viva staccare la spina o sarà Nicola Zingaretti – prima che qualcuno nel Partito Democratico pensi di processarlo dopo le elezioni regionali emiliane – a sganciarsi per evitare che Matteo Renzi si organizzi a tal punto da drenare copiosamente i voti progressisti?
Resta il fatto che l’Italia è l’unico Paese in cui la prostituzione da strada è vietata mentre quella intellettuale è addirittura premiata con cadreghe di una certa importanza.
di Vito Massimano