Il cuore bianco della politica

giovedì 24 ottobre 2019


Il cuore della Politica? Bianco. Come quello di chi non osa. Di chi si ritrae per mancanza di coraggio, valori e idee innovative rivoluzionarie. Si parla di briciole (pochi miliardi) davanti al baratro di un deficit pubblico che ha già divorato più di una giovane generazione, lasciando decine di milioni di cittadini privi di quelle fondamentali reti di sicurezza (pensioni e lavoro) a fare da conforto quando il bisogno e la fatica dell'età faranno valere il loro doloroso lavoro. Si litiga sempre e solo sulle nuove tasse; sul punire ora l'una ora l'altra categoria astratta o giuridicamente concreta di cittadini, che siano contribuenti o evasori per stretta necessità. La grande menzogna è che chi non paga le tasse taglia ospedali, scuole, servizi pubblici a danno di tutti gli altri. Davvero? All'inizio della storia repubblicana di questo Paese, quando (come dice il Prof. Cassese) "eravamo 13 milioni di cristiani in meno" riuscimmo a ricostruire con le scarse risorse disponibili di allora i servizi pubblici e a rilanciare una crescita straordinaria della natalità con i "baby-boomers", sopportando quindi un carico ben maggiore di quello attuale per crescere, educare e nutrire i figli più piccoli. Trasferiamo a oggi il ragionamento: chi ha mai fatto un calcolo comparativo a livello dei Paesi più forti e benestanti della Ue dei costi unitari dei servizi pubblici essenziali, che qualcuno erroneamente sostiene debbano essere obbligatoriamente a carico dello Stato, come scuola, sanità, burocrazia, trasporti? E se, come verrà fuori, noi stiamo spendendo molto di più, perché non si indaga dove si annidano quegli ingiustificati ultracosti?

Perché non si fa un sogno grande che ci sciolga dalle catene della burocrazia, in modo da liberare gigantesche risorse per la crescita? Prendiamo esempio dalle banche: hanno cancellato migliaia di filiali facendo fare (in un certo senso) il lavoro di massa a noi con l’home banking. Quindi, è sufficiente azionare una potente forza centrifuga che allarghi il così detto smart-working a milioni di lavoratori pubblici perché forniscano, stando comodamente a casa loro, gli stessi servizi amministrativi a tutti i cittadini. In questo progetto che guarda al futuro, reinterpretiamo le smart-city come una rete fitta di nodi minori sui territori, per creare milioni di posti di lavoro veri mettendo a network tutti i borghi antichi d’arte al fine di disseminare come un pulviscolo fortemente produttivo e ad alto valore aggiunto il nuovo lavoro smart, con il relativo corredo di servizi a sostegno di questo decentramento particellare. Molti miliardi di euro potrebbero essere investiti così nell’Information Technology (IT), nelle riqualificazioni e ristrutturazioni edilizie e paesaggistiche, compreso il potenziamento delle reti infrastrutturali e di quella viaria in particolare. Le grandi città verrebbero così alleggerite da una quota molto elevata di inquinamento atmosferico e antropico, svuotando migliaia di edifici di proprietà pubblica o in locazione oggi utilizzati per ospitare attività burocratiche che, per la maggior parte, assorbono immense e inutili risorse per procedure e atti di auto amministrazione e, quindi, assolutamente superflue (se non dannose!) dal punto di vista degli interessi del contribuente.


di Maurizio Guaitoli