lunedì 14 ottobre 2019
Platone nel Simposio, per bocca di Aristofane, racconta che gli uomini primitivi avevano la forma di una palla, con due teste, quattro braccia, quattro gambe, quattro orecchie e due sessi, uno davanti e uno di dietro, maschile e femminile. Erano, insomma, degli androgini, ma così bellicosi e pieni d’odio ch’erano sempre in guerra fra di loro. Un giorno addirittura tutti insieme scalarono l’Olimpo per spazzar via gli dèi. Allora Zeus, per togliere le forze ai loro corpi, li divise in due (“come si tagliano le sorbe per conservarle, o come si taglia un uovo con un filo”).
Tornati sulla Terra, dimezzati, ognuno andava in cerca dell’altra sua metà, per unirsi con lei, e fu così che l’odio si trasformò in amore, il quale nacque proprio da quella divisione. Ma l’amore, come spiega Aristofane, non è fine a se stesso e non riguarda solamente il sesso, ma investe tutte le attività dell’uomo, compresa la politica. Infatti il desiderio di completarsi con un’altra “metà” non è motivato solamente dall’attrazione sessuale, ma anche da ciò che cerchiamo dentro di noi, come un ideale, religioso, politico, artistico, l’amore per la patria, il rispetto degli altri e così via.
Nel finale del mito Aristofane sottolinea l’importanza dei doveri, prima ancora dei diritti, e della tolleranza, dato che proprio l’odio, la superbia e la presunzione avevano causato la divisione dei corpi in due metà. Con l’amore e col rispetto degli altri si risolve qualsiasi problema. E si raggiunge la felicità.
Ebbene, quale insegnamento possiamo trarre da questa storia? Visto che gl’Italiani ormai sono divisi in due partiti, ossia Sinistra e Destra, in quanto gli altri sono andati in crisi, e, ch’essendo anche loro due metà, un buon Governo non lo si può fare, le due metà si uniscano fra loro e portino ciascuna il proprio contributo, ma senza litigare, sì che il Governo faccia il suo lavoro. Se faranno così le due metà, dopo tanto penare la nazione sicuramente si risanerà. Gl’Italiani hanno infatti avuto sempre un concetto sbagliato della democrazia, e questo, per citare solo due nomi, l’avevano già detto Churchill e Stendhal, il quale concludeva: “Per gl’Italiani ci vorrebbe un Napoleone. Ma dove si va a prenderlo?”.
Senza un concetto esatto di democrazia (e con una Costituzione che comincia dicendo: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”), anche il governare diventa difficile, se non proprio sbagliato. Lo stesso vale per la libertà. Col crollo del Fascismo gl’Italiani, ubriachi di quella novità, allargarono al massimo le mani, facendo in nome della libertà le cose più impensate e sconvenienti. È questo il nostro primo e gran difetto, che investe anche la scuola e la famiglia, nella quale, per rabbia o per dispetto, il figlio con il padre s’accapiglia. La stessa cosa fanno gli studenti coi professori, e viceversa: incattiviti e digrignando i denti, spesso fra loro vengono alle mani.
Se questa dunque è la situazione, come può un Governo governare? Il Governo in Italia è un’illusione. Se si annullano la Destra e la Sinistra, come vogliono alcuni che si faccia, una democrazia non si amministra, ed è per questo che abbiamo due braccia (anche se poi la destra è più precisa, ma senza la sinistra poco fa). Quando entrambe le mani sono congiunte nella preghiera sono in parità: scompaiono gli opposti, o si conciliano, come la tesi e l’antitesi sfociano nella sintesi. D’altra parte, ci sono anche i mancini: usano la sinistra, ma non sono né ignoranti né cretini. Sinistra o Destra, insomma, sono lo stesso, dipende solo dal punto di vista da cui si guarda: di fronte o di dietro. Il saluto, fascista o comunista, va giudicato con lo stesso metro: la differenza solo in questo sta: che la Destra lo fa con mano tesa, ch’è segno di chiarezza e verità, la Sinistra col pugno chiuso, ad indicar l’insieme e l’unità. Mettiamo allora in atto questa regola.
Fatto il Governo con la maggioranza ch’è risultata dalle votazioni, quella che noi chiamiamo minoranza, ma di cui rispettiamo le opinioni, le dia una mano, non faccia “opposizioni”, poiché anche lei amministra il Paese, e governino insieme. Le opinioni diverse si confrontino fra loro, consultando magari degli esperti, che siano fuori dal coro dei ministri, spesso indecisi e incerti. Portate poi le leggi in Parlamento, ciascuno dei presenti voterà, di destra o di sinistra, il documento di cui si tratta, in piena libertà, come gli detta la propria coscienza, non già seguendo questa o quella parte. Se si agisce con garbo e competenza, governare così diventa un’arte.
Pertanto il capo del Governo e il capo dello Stato, nel caso d’una legge impegnativa che riguarda il popolo, dovrebbe consultarlo a tu per tu, come accadeva appunto nei comizi di Roma antica. Spesso nel Ventennio, Benito Mussolini, affacciato al balcone, interrogava il popolo raccolto e traboccante nella grande piazza, gridando forte: “Lo volete voi?”. Perché mai dunque il capo dello Stato e del Governo non fanno altrettanto? George Orwell, parlando dei diritti del popolo sovrano, che dovrebbe decidere le sorti del Paese, diceva: “Gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”.
La vita umana dopotutto è un gioco
dialettico e dinamico di Dio,
che con se stesso dialogando va.
di Mario Scaffidi Abbate