martedì 27 agosto 2019
Nella giornata delle nuove consultazioni al Quirinale, la via per il nuovo governo a tinte rossogialle si fa più stretta. I veti incrociati prevalgono sulla volontà politica di un nuovo esecutivo che vari la legge di Bilancio e scongiuri l’aumento dell’Iva. Il nodo tra i due potenziali alleati Pd e M5s pare essere sempre il medesimo: Conte sì, Conte no. “Se non dicono sì a Conte è inutile vedersi, sono stanco dei giochini”. Sono proprio queste le parole attribuite ad uno spazientito Luigi Di Maio ieri sera, dopo il vertice con la delegazione del Pd. D’altro canto, i dem replicano in maniera secca. “Se sono queste le condizioni si va al voto”.
Secondo fonti democratiche, “l’accordo di governo rischia di saltare per le ambizioni personali di Luigi Di Maio che vuole fare il ministro dell’Interno e il vicepremier. Su questo non sente ragioni e va avanti a colpi di ultimatum”. I grillini sostengono che Di Maio non abbia mai chiesto il Viminale per il M5s. “Prima per noi vengono i temi”.
Il renziano Andrea Marcucci, presidente dei senatori dem, invita alla calma. “Facciamo – sostiene – tutti un passo indietro. Di Maio non si assuma una responsabilità così pesante. Le sue ambizioni personali rischiano di far saltare un accordo per dare al Paese un governo nuovo. Disinnescare le clausole dell’Iva vale molto di più che salvare un incarico ministeriale”.
A questo punto è evidente che la strada sia tutta in salita. Non a caso, è stato ufficialmente annullato il vertice di oggi alle 11 tra le delegazioni del Pd e dei grillini. La vicesegretaria dem Paola De Micheli mette le carte in tavola e attacca. “Sono tre giorni che il Pd parla di proposte: salari, ambiente, sviluppo e imprese, infrastrutture, scuola e cultura. E il M5s risponde soltanto per ultimatum”.
I pentastellati diramano una nota piccata. “In una fase così delicata per il Paese – si legge – non c’è tempo da perdere. Noi stiamo lavorando intensamente per dare risposte immediate ai cittadini. E dobbiamo sbrigarci perché il tempo stringe. Nel partito democratico, però, hanno ancora le idee confuse. Predicano discontinuità ma ci parlano solo di incarichi e di ministeri, non si è parlato né di temi né di legge di Bilancio”.
Intanto, persino l’eurodeputato Pd Carlo Calenda, che aveva fatto voto del silenzio, è sbottato. E su Facebook ha espresso tutta la sua idiosincrasia per il dialogo con i grillini. “Sono stato zitto, come promesso – ha scritto – fino all’inizio delle consultazioni. Ma ora basta. Lo spettacolo è indecoroso. Oggi iniziano e noi stiamo prendendo da giorni schiaffi da Di Maio e soci. C’è un democratico rimasto che si ribelli ai diktat su Conte e a un negoziato che non ha toccato un tema vero (Ilva, Alitalia, Tap, Tav, Rdc, Quota 100)? Basta”.
In pratica, è ricominciato, con attori diversi, il gioco del cerino. Di solito, alla fine, qualcuno si brucia.
di Mino Tebaldi