mercoledì 29 maggio 2019
Non so se abbia un senso essere allegri per la sonora sconfitta del partito dei grillini. Hanno perso di fronte alla indiscutibile abilità tattica dell’esponente di un altro tipo di rozzezza e non solo per merito suo. Non sappiamo quanto ancora ce li dovremo tenere sullo stomaco e che cosa sarà loro concesso come “indennità di licenziamento”.
Nella lotta brutale contro i suoi alleati, Matteo Salvini ha dimostrato tutta la sua rozzezza, del resto da sempre ben nota; una rozzezza con la quale è difficile immaginare che si possa governare un Paese civile. Ma l’antipatia che suscita il vincitore della partita non deve far dimenticare, intanto, che assieme ai seguaci del M5S e dei Toninelli egli ha sconfitto il Papa Bergoglio e la sua assatanata mania di fare del nostro Paese un campo sperimentale di una migrazione senza regole e senza rispetto per le stesse vite dei migranti, alla ricerca di un ruolo di capo di un movimento mondiale interreligioso e populista. E per la prima volta alla scesa in campo dei magistrati impegnati in un “uso alternativo della giustizia” (cioè nell’ingiustizia come arma di parte) un uomo politico ha reagito invocando e proponendovi strumenti per almeno limitare la prepotenza del Partito dei Magistrati di cui ha intuito e denunciato il pericolo per la vita e l’economia del Paese.
Le ultime battute sull’abuso del reato di “abuso d’ufficio” sono state di una indiscutibile efficacia. Certo non sappiamo se domani Matteo Salvini non se ne dimenticherà. E, soprattutto, c’è da stare poco allegri al pensiero di una riforma della giustizia nelle mani di uno come lui.
Diciamo, dunque, che poteva andare peggio assai. Che la mazzata presa sul groppone dai grillini difficilmente potrà non avere conseguenze positive anche a lunga scadenza. Il meglio, però è tutto da vedere, se verrà. La vita politica di un Paese appesa alle sorti di una quotidiana battaglia per scongiurare il peggio è penosa e pericolosa. Chi vivrà, vedrà.
di Mauro Mellini