L’illusione della leadership

mercoledì 29 maggio 2019


Che cos’è un “Leader” nell’Era dei social? E che cos’è una “Leadership” in un mercato dei consensi che presenta dinamiche immateriali “Alto-Basso”, potenti ed esiziali come terremoti? Prendiamo il mito del “Cambiamento” con cui il Movimento Cinque Stelle ha trionfato nelle elezioni del 4 marzo 2018. Com’è potuto accadere che i consensi di quattordici mesi prima si siano semplicemente dimezzati il 26 maggio scorso? La risposta è semplice: governare è un’arte, per la quale occorrono tre doti fondamentali come competenza, pazienza, mediazione e conseguente individuazione del compromesso vincente. Ovvero: se si promettono miracoli in campagna elettorale, come la rinascita economica e l’abolizione della povertà con effetto praticamente immediato, ebbene occorre dare per scontato che l’implacabile macchina della prova dei fatti certifichi in breve tempo il fallimento di quella leadership che ha venduto sogni al posto della realtà. Del resto, le spietate logiche acefale della globalizzazione non sanno che farsene di vuoti proclami. Solo se sei Trump e hai dietro la forza dell’America che ha pur creato il Demone dell’economia globale, allora riesci a fronteggiarlo semplicemente dichiarando la guerra dei dazi contro il dragone cinese e defiscalizzando i profitti delle industrie manifatturiere che decidono di ridislocarsi dall’Asia agli Stati Uniti.

Le leadership italiane attuali sono fatte di una stupida sostanza elastica per cui, accordandosi con la componente emotiva dell’opinione pubblica, rispondono impulsivamente in tempo reale alle enormi tensioni che le attraversano. Questo modo improvvisato di procedere ha come conseguenza negativa e fatale forti oscillazioni umorali del consenso con condotte auto-contraddittorie e pratiche volte all’affabulazione perenne. Mancando, cioè, le certezze dei tempi lunghi a disposizione, questa tipologia di leadership “elastica” non è in grado di implementare nessuna riforma complessa d’interesse dell’intera società. Quindi, per la sua sopravvivenza si affida a una eterna campagna elettorale che la porta a scontrarsi senza tregua con alleati e avversari politici per rimarcare le proprie singolarità e differenze. Per l’effetto-elastico di queste pratiche, il consenso si allarga e si restringe in tempi sempre più brevi di oscillazione. Prestigiatori dei social network come Renzi e Di Maio vedono così le proprie carriere tramontare con fasi sempre più rapide perché i risultati della loro azione politica e la realtà esterna contraddicono le attese dei loro elettori, pronti a passare al prossimo front-runner (Salvini), ventriloquo della Nazione, che dice forte e chiaro ciò che tutti gli altri pensano e che è all’opposto della scellerata litania buonista del politicamente corretto.

Questo perché il M5S è composto da microcosmi variegati (e in origine ideologicamente opposti!) legati alla protesta e, quindi, inadatti a una disciplina di governo quando c’è da chiedere sacrifici! Per governare sono obbligati a creare una (nuova) leadership dell’antileadership, in base al principio di fare disfacendo. Ora, come si vede bene, il tutto sta in piedi se tra le due opposte dinamiche del fare e disfare esiste una perfetta sincronia riguardo a un meccanismo che, però, per sua natura è rigorosamente diacronico! Perché per abrogare è sufficiente una riga di una legge, ma per costruire un nuovo tessuto normativo e poi implementarlo servono tempi ben più lunghi, grandi risorse aggiuntive e stabilità sia delle leadership che dei loro governi. In questo gioco perde quindi chi non ha pazienza ed esperienza. Se il reddito di cittadinanza è un ponte per assistere chi ha perso il lavoro a trovarne uno nuovo, allora occorre “prima” costruire una infrastruttura efficiente come quella tedesca dei centri per l’impiego, superando la contraddizione di un lavoro che non c’è e che bisogna prima creare attraverso il rilancio di una sana imprenditoria. Hanno ragione Berlusconi e Enrico Letta: se si desidera cambiare Trattati e governance dell’Ue bisogna avvalersi delle alleanze giuste in Consiglio e nel Parlamento Europei riscoprendo l’arte eterna della mediazione ragionevole.


di Maurizio Guaitoli