I tempi cupi per il nostro Bel Paese

giovedì 28 marzo 2019


“Ahi Pisa, vituperio de le genti del bel paese là dove ‘l sì suona, poi che i vicini a te punir son lenti, muovasi la Capraia e la Gorgona, e faccian siepe ad Arno in su la foce, sì ch'elli annieghi in te ogne persona!”.

Così cantava Dante nell’Inferno della sua Commedia e chissà cosa direbbe oggi al sapere che l’arcivescovo della città della torre pendente, monsignor Giovanni Paolo Benotto, partecipando a una seduta del Consiglio comunale ha esortato l’Amministrazione a far edificare una moschea. È il mondo capovolto, alla rovescia in una distopia reale, ormai, quello dove un alto prelato, un rappresentante primo della Chiesa Cattolica (un tempo anche romana e apostolica) promuove e si batte per l’apertura di un luogo di culto musulmano in terra italica. Questo mentre migliaia di cristiani vengono massacrati e trucidati nel silenzio dell’informazione (anche di quella vaticana) nel mondo, soprattutto in terre dominate dall’Islam.

Quindi, Benotto, in perfetto stile bergogliano, ma dimentico o forse ignaro di un’Europa cristiana che si è opposta a un’invasione islamica per secoli, dalla Spagna sino a Vienna, a Lepanto e ai confini della Romania, adesso spalanca braccia, porte e cancelli con queste sue parole: “Questa amministrazione si impegni perché la moschea sia fatta”. Aggiungendo che non è solo questione di libertà di culto, ma anche di libertà religiosa, “che riguarda la capacità di esprimersi liberamente” e, ancora, che “accoglienza, integrazione, riscoperta dell’altro sono temi da affrontare con il dialogo”. Certo esiste un rapporto di dialogo e reciproca stima del Cristianesimo con l’Islam, ma il nostro alto prelato dovrebbe sapere – dovrebbe – che esso non riguarda l’aspetto religioso, ma quello culturale, anche artistico e spesso sapienziale. Tutti argomenti che ben poco hanno a che vedere con una moschea in terra cristiana. Il tutto è sempre basato su un erroneo concetto che parte da ben altri interessi, di “accoglienza” e “d’integrazione”. Anche in luoghi storicamente accertati come la Spagna moresca o la Sicilia o il Medio Oriente, ove a lungo convissero in maniera “pacifica” le genti del libro, in realtà non vi fu mai alcuna integrazione: Ogni religione e fede restò con sé stessa e l’unica contaminazione – quando vi fu – avvenne nel campo della cultura e del sapere.

L’Islam, che ha dato moltissimo al mondo, nel campo della poesia e della filosofia e ha una sua precipua forma d’arte aniconica per lo più, però non ha mai generato intelletti meravigliosi e sublimi come un Giotto, un Michelangelo o un Bach. Pertanto, diverso è il suo approccio alla spiritualità e come tale – s’informi meglio monsignor Benotto – l’erezione d’una moschea a Pisa è soltanto un palese segno di sottomissione culturale e non certo di reale accoglienza. Che, del resto, è il signum, la cifra del degrado ormai irrancidito di questa Chiesa postmoderna che ha perso ogni identità con il Sacro. Qualcuno lo dica a Parolin, tanto il suo principale è interessato ad altro.


di Dalmazio Frau