giovedì 21 marzo 2019
L’Italia non presenta una visione autorevole della politica estera dai tempi di Craxi e la non attenzione dell’ultimo decennio nei confronti dell’Albania è conferma della scarsa azione in ambito estero.
Avutasi la protesta degli studenti a Tirana e successivamente quella dell’opposizione, l’Albania è tornata al centro dell’attenzione. Il Paese delle aquile è legato a noi su innumerevoli aspetti. La presenza del premier Edi Rama nelle maggiori trasmissioni televisive, gli interventi di intellettuali albanesi, che vivono in Italia da decenni, come la scrittrice Anilda Ibrahimi, il sociologo Rando Devole o personalità dello sport come Igli Tare, senza dimenticare l’iperattiva attività diplomatica dell’Ambasciatrice Bitri Lani, ci stanno consegnano uno spaccato di un Paese lontanissimo dai tempi delle scene dei barconi del 1991 e che in breve tempo è stato capace di europeizzarsi, riuscendo ad integrare nel proprio tessuto sociale tre confessioni religiose.
Oggi l’Albania è piena di cantieri, centri commerciali, università estere (italiane, turche, americane), ma non vanno sottovalutate le difficoltà esistenti legate ad un salario basso, in media 300 euro, e pensioni di 150 euro che rendono difficile la vita, alimentando una perenne Diaspora, o meglio, una emigrazione economica poiché gli albanesi hanno realmente una nazione che amano.
In Italia è giunto il momento di riscoprire il ruolo essenziale dell’Albania, una nazione che può e deve garantire la nostra sicurezza, che ha la responsabilità di frenare il narcotraffico, che rappresenta l’unica vera porta dei Balcani per le nostre merci, soprattutto dopo la chiusura di fatto del confine Kosovo/Serbia, che ha ridato centralità al porto di Durazzo, e può rappresentare una grande boccata di ossigeno alla logistica della nostra penisola. Ricordiamo che i prodotti cinesi espongono bandiera sul pennone dell’aeroporto di Tirana, i turchi costruiscono l’aeroporto di Valona e noi inseguiamo la “Via della Seta”, senza saper chiedere davvero vantaggi, danneggiando i nostri rapporti con gli Usa, regalando Trieste e le linee di collegamento commerciale per l’Europa alla Cina, illudendoci dello scenario cinese. In tale quadro geopolitico, l’Albania è una grande occasione per il nostro Paese, una nazione amica, che dopo aver vissuto, “spalle al mare”, il triste periodo della dittatura comunista, da venticinque anni ci osserva come modello di libertà e come partner economico.
L’Italia, con rispetto della sovranità di ogni Paese, deve preoccuparsi della strana condizione politica, forse unico esempio al mondo, di una nazione che ha un governo che rivendica il suo ruolo e una opposizione costretta al gesto estremo dell’abbandono delle aule parlamentari. In un Paese senza Check end Balance una protesta che diventa extraparlamentare e si riversa in piazza deve suscitare preoccupazione. Per coloro che hanno approfondito la storia recente è chiaro che nel 2011 lo stesso scontro è accaduto a parti inverse e che l’annunciata collaborazione tra Rama e Basha si è consumata già nel maggio 2017 e con il primo dei problemi: la riforma della giustizia.
Oggi gli schieramenti politici non ritorneranno sui propri passi e la maggioranza andrà avanti creando un crash istituzionale che danneggerà l’adesione Ue dell’Albania e l’Italia, principale sponsor di tale percorso, ha il dovere di offrirsi come mediatrice e come luogo di dialogo. Inoltre non dimentichiamo che l’Albania attualmente è priva di una Corte costituzionale. Necessitiamo di cessare una politica dei fans degli opposti schieramenti, poiché la politica albanese è già perennemente divisa in guelfi e ghibellini. Il rischio del cammino albanese è che le riforme si blocchino e che vada diffondendosi una politica caratterizzata da un perenne scontro nelle istituzioni. Dobbiamo scegliere da quale parte stare e se vogliamo restare nel lembo di terra detto Linea di Teodosio abbiamo il dovere di comprendere che l’Albania ha scelto l’occidente e l’Europa. Dobbiamo evitare di perdere nuovamente il nostro ruolo nel Mediterraneo come già accaduto con la Libia. Oggi Moavero e Salvini hanno tale responsabilità, spero ne siano consapevoli.
L’Albania e il suo popolo lo meritano, come lo meritano i tanti piccoli e medi imprenditori che operano nel Paese delle aquile, che da lì difendono il nostro “Made in Italy” e qualche volta senza concreto supporto da parte delle nostre istituzioni.
(*) Onorevole, socio onorario dell’Istituto di Ricerca di Economia e Politica Internazionale (Irepi)
di Nicola Ciracì (*)