La stagione famigliare

mercoledì 20 febbraio 2019


È sorprendente oltre che avvilente, che comunque la si metta, “la Giustizia” resti padrona assoluta della vita politica. Come se non fosse bastata tangentopoli e una quantità di indagini spettacolari finite con un flop, a far capire, cosa fosse necessario per cambiare un andazzo che ci rende unici al mondo. Ecco perché è inutile parlare, discutere, protestare, oppure gridare ai complotti, se poi non si ha la forza di affrontare una volta per tutte, la riforma della giustizia.

L’Italia, del resto, è da anni al centro dell’attenzione, non solo per l’insopportabile lentezza dei processi, che non può essere solo legata alla litania della scarsità di mezzi e di risorse, ma per la spettacolarizzazione delle inchieste. Da qualche tempo poi, sono pesantemente entrate in campo le indagini “famigliari”, insomma parenti di questo o di quel politico, che finiscono nel consueto tritacarne dei media, per motivi giudiziari, veri o presunti, lievi o meno, recenti o passati. Cesare o non Cesare che sia, la cosa suona strana, perché è inutile nascondersi genera il dubbio, umanamente ammesso, sulla tempistica, sulle forzature, sulle disparità di trattamento, soprattutto sui rimbalzi politici che provoca. Come se non bastasse, si sta assistendo ad una escalation degli interventi spettacolo da una parte, e all’inasprimento della guerra fra garantisti e forcaioli dall’altra, il caso “Diciotti” di questi giorni lo testimonia plasticamente.

Ora, a parte il fatto che anche i forcaioli cambiano giudizio quando tocca a loro, a parte la indecorosità di troppe scene in pubblico, ciò che colpisce è l’immobilismo della politica sul tema. Parliamoci chiaro il caso “diciotti” è un caso politico, una quantità di giuristi, esperti di diritto, costituzionalisti lo hanno confermato, eppure è bastata un po’ di creatività e fantasia giuridica, per mettere in crisi governo e maggioranza. Nel nostro ordinamento infatti, trovare una fattispecie di reato, una formula d’indagine, insomma un motivo per aprire un fascicolo non è difficile, poco conta la valutazione esterna sugli effetti collaterali. Come poco conta la indispensabilità dei provvedimenti, insomma sull’altro caso del giorno, il caso “Renzi” per intendersi, viene da chiedersi la necessità degli arresti domiciliari per i genitori, francamente sembra davvero troppo.

Insomma, piaccia o meno, la magistratura tiene banco e almeno per noi incompetenti, appare sempre più protesa a dettare la legge, piuttosto che a farla rispettare, come dovrebbe essere. Ecco perché insistiamo, il problema vero è la riforma della giustizia, non se ne esce, si tratta di una scelta politica che il parlamento, organo sovrano, deve fare se non vuole retrocedere in subalternità costante.

Separazione delle carriere, responsabilità civile, obbligatorietà dell’azione penale, Csm, tempi e gradi di giudizio, incompatibilità, riservatezza assoluta dei fascicoli, questo è il nodo gordiano da sciogliere una volta per tutte. Delle due l’una, o si affronta la riforma, oppure ogni dubbio, protesta, gara fra garantisti e forcaioli, insinuazioni e ipotesi, sono inutili e dannose, capaci insomma di alzare polveroni, lasciando però che tutto resti tale e quale, dunque male.


di Alfredo Mosca