Delle pene e dei reati contro il patrimonio culturale

martedì 15 gennaio 2019


Il solo acquisto di un banale metal detector da spiaggia potrà essere sanzionato con due anni di carcere, se dovesse passare senza modifiche il disegno di legge sui reati contro il patrimonio culturale, già approvato alla Camera.

Oltre a stravaganze come questa, l’intera proposta è caratterizzata da uno spirito incredibilmente persecutorio e sanzionatorio, irrazionale rispetto alla finalità - indubbiamente opportuna - di tutelare i beni artistici: pene elevate per collezionisti e mercanti ma pure per i semplici cittadini che favoriscono, ad esempio, il deterioramento dei beni culturali.

In un mondo ormai secolarizzato, è evidente come la tendenza alla sacralizzazione del patrimonio culturale stia diventando una nuova religione.

Da parecchi anni l’Italia ha adottato misure particolarmente inclusive per quanto riguarda l’individuazione dei beni culturali e nello stesso tempo ha varato norme assai restrittive del godimento degli stessi beni di proprietà privata: obblighi e divieti legati alla circolazione, alla loro conservazione o al loro semplice spostamento dentro i confini nazionali. Obblighi che rischiano di raggiungere obiettivi opposti sulla corretta circolazione dei beni artistici, favorendo il mercato illegale pur di non dover sottostare ai mille lacci della burocrazia che ne soffoca la circolazione e il godimento.

Già oggi i possessori di oggetti d’arte cercano il meno possibile di dar loro visibilità, per timore che l’autorità amministrativa possa “notificare” l’interesse culturale dell’oggetto. Entrato a far parte della categoria di “bene culturale”, è sottoposto a numerosi obblighi conservativi e a divieti, tra cui l’impossibilità di essere venduto all’estero o portato definitivamente fuori dai confini nazionali.

Con questa nuova legge, tali obblighi, se non verranno rispettati, porteranno i colpevoli dritti in carcere, con pene particolarmente severe.

Ciò che risalta maggiormente è proprio la sproporzione fra reato e pena. Se da una parte è legittimo per il legislatore porsi il problema della preservazione del patrimonio culturale, dall’altra occorrerebbe riequilibrare il rapporto fra le esigenze di tutela e conservazione con quelle legate al rispetto dei diritti dei possessori dei beni.

La legge si presta inoltre anche a molte difficoltà applicative, dato il carattere sfuggente del bene culturale: molte volte non individuabile ex ante con certezza. La discrezionalità e l’arbitrarietà nella sua individuazione è testimoniata dall’operato delle stesse soprintendenze, che possono ad esempio esprimersi differentemente a proposito di uno stesso oggetto.

Oltre a mettere a rischio tutti i possessori di un oggetto d’arte (come si stabilisce concretamente il deterioramento del bene culturale?), la legge, sommandosi alle norme di stampo protezionistico sopra richiamate, non potrà che deprimere ulteriormente anche il nostro mercato dell’arte. La crescita di un mercato illegale è infatti diretta conseguenza di una tale eccessiva chiusura e della mancata tutela della proprietà privata.


di Istituto Bruno Leoni