Parole giallo-verdi

lunedì 29 ottobre 2018


Un aforisma, un commento – “Secondo Shakespeare gli uomini di poche parole sono i migliori. Nella vita politica attuale non occorre essere un grande drammaturgo per accorgersene.

Forse qualcuno avrà pensato di raccogliere le tante, troppe parole con cui Matteo Salvini e Luigi Di Maio inondano FaceBook, Twitter e, naturalmente, i tradizionali mezzi di comunicazione di massa. Ne uscirebbe un gustoso, ma amaro, specchio della politica attuale italiana. Vorrei qui limitarmi ad un paio fra le ultime dichiarazioni. Salvini ha detto che le banche italiane, se necessario, saranno aiutate e salvate “costi quello che costi”. Già, ma costi che verranno pagati da chi? Ecco allora sopraggiungere Di Maio affermando, con grande sussiego, che, se dovranno essere salvate, lo saranno senza che gli italiani debbano sborsare “nemmeno una lira”. Chissà cosa nasconde il grande stratega grillino.

Ora, a parte che dichiarazioni del genere dovrebbero essere fatte dal Presidente del Consiglio – il quale anche su questo argomento tace, non confermando in questo caso, col suo silenzio, di essere fra gli uomini migliori – e non dai suoi vice, c’è da chiedersi se i personaggi di cui sopra siano da prendere seriamente oppure come figure di un’opera buffa. Costoro non perdono occasione per garantire che, fra di loro, c’è perfetta armonia e che il Governo durerà cinque anni. Anche qui, tuttavia, c’è qualcosa che non torna, dato che le contraddittorie prese di posizione sopra citate sono solo un modesto campione di un penoso rosario che dura da mesi. Come è possibile che l’aiuto alle banche italiane sia realizzabile senza soldi italiani? È evidente che Di Maio e i suoi consiglieri credono davvero che code di investitori stranieri sarebbero pronte a prestarci i loro soldi per salvare i nostri istituti di credito, così come lo saranno nelle prossime settimane per finanziare il deficit deliberatamente programmato in rialzo invece che in ribasso, come stabilito da accordi europei. Si tratta indubbiamente di una notevole fiducia nel prossimo e nella sua generosità ma temo fortemente che una simile aspettativa verrà delusa.

Dopo aver strillato, emettendo anche in quel caso migliaia di parole più o meno sensazionali, contro il salvataggio delle banche che si erano trovate negli anni scorsi sull’orlo del fallimento, i due vice devono cedere alla realtà dei fatti e alla evidente natura strategica del sistema bancario in qualsiasi nazione. Ma, per ammetterlo, scelgono ancora una volta la via peggiore cioè quella delle parole a sproposito. Come, per finire, l’affermazione del Di Maio secondo il quale Draghi sparge veleno e, come italiano, dovrebbe invece aiutare il suo Paese.

Insomma, Salvini parla di Jean-Claude Juncker come di un ubriacone e Di Maio guarda a Mario Draghi come un paisà sleale. È poco ma sicuro che la politica internazionale e la diplomazia italiana, per tacere della politica economica, hanno conosciuto tempi migliori. Sarebbe sufficiente ricordare le poche parole, severe e senza incertezze, con cui Guido Carli presentava lo stato delle cose economiche italiane e internazionali. Dichiarazioni rare e sempre importanti che, oggi, starebbero comodamente in un paio di sms all’anno. Senza i fiumi di parole con cui i nostri attuali co-governanti credono di imbonire gli elettori che evidentemente giudicano di poca memoria e poco avvezzi con la logica.


di Massimo Negrotti