Tutti contro Renzi: e poi?

giovedì 26 luglio 2018


Le critiche alla gestione-Renzi del Partito Democratico potranno pure essere condivisibili così come potrebbero anche esserle quelle rivolte all’ex presidente della Provincia di Firenze nelle vesti di capo del Governo. Premettendo che apparteniamo alla schiera dei “meno indicati” alla difesa di Matteo Renzi, ci permettiamo però di esplicitare qualche perplessità.

La prima delle quali riguarda (oramai è trascorso davvero tanto tempo) la scelta di preferire Virginia Raggi come sindaco di Roma rispetto a Roberto Giachetti pur di fare un dispetto al fiorentino segretario del partito. Il centrodestra, dal canto suo, in quell’occasione dette vita a uno dei tanti capolavori: presentarsi con due candidati mandando così a farsi friggere l’evidente vantaggio elettorale attribuito a quello schieramento. Il risultato di quelle scriteriate scelte sono oggi di fronte agli occhi di tutti, soprattutto a quelli dei cittadini romani. Del resto se l’area moderata non si decide a riformarsi ha un destino più o meno negativamente già segnato.

Poi un referendum essenziale per il Paese nel quale, pur di votare contro Renzi, è stato dallo stesso incredibilmente perso soprattutto perché il presuntuoso Presidente del Consiglio ha voluto a tutti i costi trasformare quella consultazione in un “Sì” o “No” su se stesso anziché metterne in luce l’importanza istituzionale. Errore madornale pagato più del previsto.

E poi ecco Liberi e Uguali, composto da dirigenti storici e anti-renziani che hanno pensato bene di mettersi in proprio e costituire un nuovo partito (come se non bastassero già quelli esistenti) e che sono riusciti a ottenere un doppio risultato: indebolire elettoralmente il Pd ottenendo, nel contempo, un risultato risibile alle elezioni: più o meno il 3 per cento, praticamente al limite dell’inesistenza. Evidentemente si dovranno rivedere i concetti di lotta di classe e similari anche perché, lo si segnala, il mondo sta cambiando. E intanto l’Italia si ritrova ad avere a che fare con tipi stile Di Maio, Salvini o la Lezzi (solo per citare certi “fenomeni”…) e chi più ne ha più ne metta.

Questo Paese ha necessità di un’opposizione vera, di sinistra come di destra anche se Matteo Salvini è lì in ballo, tradendo un patto di coalizione sul quale era stato chiesto il consenso degli elettori. Ma l’attenzione è innegabilmente puntata proprio sul Pd. Per dirla con Ernesto Galli della Loggia, “solo dagli uomini e dalle donne che in qualche modo hanno avuto a che fare con il Pd, solo da spezzoni della sua vicenda, da qualcuno dei suoi molti retroterra, può ricominciare la storia di un’opposizione in Italia. Certamente non da Forza Italia, da Silvio Berlusconi costruita come un partito di plastica e di camerieri che oggi si apprestano a chiedere di essere assunti da un altro padrone”.

A meno che, aggiungiamo noi, Antonio Tajani non riesca a fare il miracolo.


di Gianluca Perricone