
Il Partito democratico esce completamente annientato dall’ultima tornata amministrativa, riuscendo a perdere anche in Toscana, un luogo simbolo dell’oltranzismo rosso. Basti pensare che, quando il Pds impose Antonio Di Pietro in Parlamento, lo candidò alle elezioni suppletive nel Mugello, una roccaforte ove non era nemmeno necessario fare la campagna elettorale.
In molti danno la colpa della disfatta a Matteo Renzi ed alla sua deriva centrista e affaristica, dimentichi del fatto che banche come il Monte Paschi sono sempre stati istituti di partito, mentre la vocazione maggioritaria del Pd lo aveva già spinto al centro. Certo, l’ex sindaco di Firenze ci ha messo una certa dose di arroganza, contribuendo meramente a catalizzare la dissoluzione di un’area − la sinistra − che comunque sarebbe sparita perché ha continuato a crogiolarsi nella sua spocchiosa autoreferenzialità, proprio mentre il mondo cambiava sotto il suo naso.
La società è cambiata assumendo connotati radicalmente diversi dal passato: la contrapposizione non è più tra capitale e lavoro ma tra piccoli e grandi, tra establishment e tartassati, tra apparato e gente comune, tra precari e garantiti, tra classe media impoverita e ciambellani di regime, tra abbandonati e assistiti. Anche la divisione tra mondialisti e sovranisti ha assunto connotati diversi: sono diventati sovranisti coloro i quali sentono per le strade la pressione dell’insicurezza, del degrado, dell’immigrazione mentre sono rimasti mondialisti coloro i quali dissertano d'integrazione dal loro salotto in pieno centro davanti a un caffè ovviamente servito dalla collaboratrice filippina. Cose che capitano a chi è troppo occupato ad amarsi trovandosi bello, intelligente e giusto per accorgersi che le priorità del mondo sono lavoro, sicurezza, servizi, spesa e prelievo pubblico. Se invece credi che le urgenze siano cose bellissime ma non cogenti come diritti civili, testamento biologico, integrazione, crocifissi tolti dalle scuole per non disturbare i maomettani, lotta al fascismo, al razzismo e anacronismi simili, allora la gente non ti segue più. E se dopo tutto questo ti ostini a pensare di essere comunque dalla parte giusta denunciando un imbarbarimento dell’universo mondo che non la pensa come te, allora l’estinzione non è solo inevitabile ma anche meritata.
La sinistra è morta perché si è persa nei cineforum, perché è rimasta schiava del Sessantotto che sarà stato sicuramente un momento magico in cui l’amore era libero e militare in sezione diventava un doppio piacere. La sinistra si è persa perché la militanza non veniva più dal basso ma era un modo come un altro per fare carriera conquistando quella posizione borghese tanto avversata prima di essere raggiunta. La sinistra si è suicidata perché la sua classe dirigente ha forse scoperto che il popolo puzza e che quindi è bene parlarne ma a debita distanza. La sinistra si è persa perché parlare dei meno abbienti è diventato socialismo di maniera, abitudine, vezzo senza contenuti, mestiere da commedianti, rituale spompo. La sinistra si è persa perché si è fermata ad un mondo in cui il boom economico ci aveva fatto tutti ricchi e quindi si poteva tranquillamente parlare con passione e serietà di fuffa atteggiandosi ad agitprop. La sinistra si è estinta perché le periferie le ha viste solo su google earth e, se ci ha messo piede, non ha saputo dare risposte se non retoricume di bassa qualità.
La sinistra si è suicidata quando il cosiddetto proletariato ha cominciato a capire di essere stato usato come granaio per suffragare elettoralmente ricche carriere di mestieranti del Parlamento, intellettuali lecchini e avidi, star televisive asservite a chi le porta in alto e fenomeni da baraccone con attico a New York e scorta al seguito. Il mondo è cambiato diventando meno ingenuo per cui la sinistra o si reinventa o non è.
Aggiornato il 27 giugno 2018 alle ore 17:27