mercoledì 20 giugno 2018
Il percorso ipercritico e demistificatorio, iniziato, poco più di un quinquennio fa, con lo scritto “Finis Italiae?”, non poteva non approdare, in mezzo al guado, a pessimistiche considerazioni anche sulle sorti dell’Europa, inoltratasi oramai in una spirale ideologica suicidaria soprattutto per effetto “dell’invasione” mediterranea, qualcosa che sta minando le stesse fondamenta della sua civiltà.
Una civiltà di cui l’Europa romana è portatrice, poiché “ovunque l’Impero romano abbia esercitato il suo dominio, ovunque la grandiosità delle sue istituzioni e delle leggi siano state riconosciute, là vi è qualcosa di europeo” (Paul Valéry). Cosicché, ancora oggi, la memoria collettiva associa la civiltà della Roma antica all’idea di grandiosità, di perfezione, una civiltà dunque di cui noi europei ci consideriamo giustamente gli eredi. Né le invasioni barbariche, a partire dalla fine del IV secolo, portano alla scomparsa dell’Impero romano d’Occidente, in quanto proprio la “cristianizzazione” e la “romanizzazione” dei Barbari ne prolungano l’esistenza, sfociando poi nell’Europa carolingia: nella notte di Natale dell’800, infatti, Carlo Magno è incoronato imperatore di una Europa cristiana, il “Sacro Romano Impero”, che quindi delinea un’immagine così poderosa e coerente da imporsi per secoli come valore identitario nella coscienza collettiva di noi europei, valore che né il Medioevo, né l’Umanesimo, né l’Illuminismo e neppure il Romanticismo, con cui si afferma l’idea di “nazione”, minimamente scalfiscono. Ed è appunto a questa indiscussa identità, di altissimo valore umano e cristiano, che fa riferimento il “progetto europeo” ideato nel 1950 da Jean Monnet e accolto con entusiasmo dai Padri fondatori, un’idea “rivoluzionaria” quanto il pensiero di Copernico e di Einstein.
Siffatta monumentale struttura, ideologica e politica, che ora rischia di diventare un monumentale cippo funerario, dapprima deturpata dal mancato richiamo, nella sua odierna organizzazione statutaria, ai fondanti valori cristiani, un patrimonio tramandatoci da venti secoli di storia, è ora tragicamente assediata e minacciata da indiscriminate masse di migranti, per lo più islamiche, provenienti dai territori africani e mediorientali, ma anche asiatici, che in tanti sicuramente nutrono un sogno di rinascita dell’impero islamico anche in Europa.
Del resto, è un sogno storicamente non nuovo quello dei successori del fondatore Mohammad, a partire dagli arabi, che, occupata la penisola iberica e lanciati alla conquista dell’intera Europa, furono sconfitti a Poitiers da Carlo Martello, e proseguita dagli Ottomani, la cui marcia trionfale, dapprima fermata a Lepanto nel 1571, fu definitivamente arrestata, nel luglio 1683, sotto le mura di Vienna, da una coalizione di Stati cristiani, quegli stessi Stati sorti con la pace di Westfalia, che, nel 1648, aveva posto fine alle guerre di religione.
Cosicché l’Europa, come spazio di libertà, di razionalità e di insigne coscienza morale, che avrebbe dovuto recuperare interamente la sua unità spirituale, culturale e politica, con il suo buonismo d’accatto e le sue suggestioni accoglienti, unite ad un latente anelito di espiare, si presenta invece ora come un continente sfibrato, superficiale ed impotente e che si vergogna persino delle proprie radici cristiane.
Tutto ciò per colpa di attori regionali spesso attinenti alla categoria degli esseri idioti e troppo deboli per essere portatori del destino europeo, secondo il progetto di Monnet, di osmosi tra Christianitas ed européanité, Cosicché l’Europa, con la sua anima apocalittica e disperata, vive ora una forma di pseudomorfosi e il senso finale della sua avventura è condannato a restare ambiguo. Ma in siffatto quadro in cui si fa strada un’angoscia mortale per le sue sorti, c’è ancora chi ostenta un euro-entusiasmo che oscilla tra mistificazione e ridicolo.
Soprattutto in Italia, la sinistra al potere, in questi ultimi anni, ha contribuito non poco alla funzione di becchino dell’Europa dei Padri, una storia da tragedia shakespeariana ovvero da galleria degli orrori.
Un odore di muffa dunque, di farisei eccitati, che ora, a fronte di qualche giusta risposta, si ergono a paladini di questa Europa, che, se non reagisce, rischia di diventare, tra alcuni decenni, un continente insignificante sotto tutti i profili, economico, politico e morale.
di Francesco Giannubilo