venerdì 1 giugno 2018
Formuliamo gli auguri doverosi al neonato Governo del professor Giuseppe Conte nella speranza che possa fare cose ottime per il Paese. Da questo momento in poi ci auguriamo che l’Esecutivo possa essere giudicato per le cose fatte e che tenga fede agli impegni presi (non solo quelli gigioni e a costo zero).
Detto questo, la prima impressione è che non si tratti di un Governo politico ma del classico Governo tecnico (Giuseppe Conte, Enzo Moavero, Elisabetta Trenta, Giovanni Tria, Sergio Costa) che è poi l’esatto contrario di ciò che soprattutto i grillini avevano prospettato. Dopo il classico “uno vale uno”, i grillini hanno coniato il nuovo grido di battaglia “uno vale l’altro” visto che hanno cambiato interpreti di governo – dopo aver fatto le barricate – con una facilità inaudita.
Non sappiamo quanto Matteo Salvini sia convinto del via libera dato al nuovo Esecutivo: abbiamo come il sospetto che egli sia stato contro-buggerato da Luigi Di Maio. Il quale, dopo essere stato a sua volta fregato da Salvini per tre mesi con lo stesso schema, ha imparato il truchetto e con un colpo di teatro lo ha lasciato con il cerino in mano. Ragion per cui Salvini, dopo aver tentato l’interferenza di Giorgia Meloni, non ha avuto altra prospettiva se non quella di acconsentire alla nascita del Governo.
Resta al palo Giorgia Meloni la quale, dopo aver spergiurato che mai sarebbe salita sul carro del vincitore, deve aver vissuto un attimo di panico nel vedersi sola a fare da badante a nonno Silvio in una casa ormai vuota ed ha tentato l’insano gesto di fare il terzo incomodo in una coppia gialloverde ormai formata. Pare che, dopo aver preso due di picche, “valuterà provvedimento per provvedimento” l’eventuale appoggio al governo. Il che, tradotto, significa che va bene fare anche la ruota di scorta purché non la si lasci a cambiare il pappagallo al vecchio Silvio.
Ma il fatto che anche Fratelli d’Italia si sia affrancata dal centrodestra dimostra in maniera plastica che questo contenitore non esiste più e che un’area politica che cuba dal trentasette al quaranta percento è stata liquidata con una leggerezza imbarazzante.
Certo, perché a meno che qualcuno non voglia sostenere che Cristo sia morto di freddo, non è pensabile che, trascorsa la presente legislatura, Di Maio e Salvini si salutino cordialmente tornando ognuno a casa propria. Questa operazione, indipendentemente da quanto durerà, ha scomposto la geografia politica in maniera irreversibile: da una parte i sovranisti e dall’altra gli europeisti apparentemente più filo establishment. In questo momento il sovranismo ha vita facile essendo il nuovo che promette la luna potendosi permettere aperture di credito dagli elettori.
Dall’altra parte non c’è più niente, non c’è più opposizione in Italia perché sono passati tutti in maggioranza (o almeno ci hanno provato). Resta una triste Forza Italia con un leader che ha perso la parola, quasi come se fosse disorientato come lo erano i politici della Prima Repubblica quando scese in campo lui a sconquassare lo status quo. Poi c’è un brandello della sinistra di sempre, quella autoreferenziale che non si sorprende mai davanti alla realtà che cambia, quella ciurmaglia boriosa che non si pone mai alcun dubbio e che di fronte ai mutamenti pensa sempre che gli altri hanno torto e che è il mondo a girare al contrario.
Come nel passaggio dalla prima alla Seconda Repubblica, anche in questo frangente la sinistra non ha capito nulla perché troppo occupata a specchiarsi trovandosi figa (anche se non compresa). Ed evoca sempre gli stessi fantasmi ideologici, sempre la stessa chincaglieria resistenziale come se fosse arrivato qualcuno a usurparle il trono: evoca la retorica del nuovo fascismo, si aggrappa all’ipocrisia dei razzisti al potere, difende in maniera anacronistica la Costituzione più bella del mondo (lo fa in automatico anche se nessuno l’ha toccata) e si schiera con il capo dello Stato anche se sbaglia recitando sempre la solita poesia della correttezza istituzionale e blablabla.
Dall’altra parte un blocco nuovo di pacca che ha tutto da dimostrare ma tanti margini dovuti alla ormai famosa “luna di miele” con gli elettori. Siamo pronti a scommettere che sarà un tripudio di dichiarazioni di intenti e di provvedimenti di facciata a costo zero. Noi saremo lì ad attendere pazientemente l’abolizione della Legge Fornero, la flat tax e il reddito di cittadinanza. Ce lo hanno promesso.
di Vito Massimano