giovedì 31 maggio 2018
Luigi Di Maio si rimangia la richiesta di impeachment contro Sergio Mattarella per il mancato appoggio di Matteo Salvini, quest’ultimo si affanna a difendersi dall’accusa di aver gabbato l’alleato, avendo condotto una trattativa solo per ottenere elezioni da cui uscire a capo di un governo con Silvio Berlusconi (magari ministro degli Esteri) e Giorgia Meloni (magari ministro dell’Interno). Mattarella pensa di poter sogghignare nel gestire la crisi come farebbe il mazziere (non il banco) di una partita di teresina (prima carta coperta e le successive quattro scoperte). Carlo Cottarelli si ritrova a salire e scendere dall’auto blu per informarci dei giri di valzer nei quali si sta snodando la crisi.
Di certo c’è solo che le notizie di elezioni ravvicinate al pari del rilancio del governo 5 Stelle-Salvini hanno fatto scendere lo spread; che il presunto gabbato, Luigi Di Maio, ha messo all’angolo Salvini, dichiarandosi disponibile ad accontentare il Capo dello Stato silurando Paolo Savona (per cui rimane il contentino di uno strapuntino). Ripicca per il mancato appoggio alla richiesta di impeachment o presa d’atto dell’eccessiva furbizia dell’(in)affidabile alleato (come molti gli avevano sussurrato all’orecchio)?
Ci vorrà un po’ di tempo per saperlo e un po’ più di coraggio per ammetterlo. Salvini tace e quando parla sussurra ipotesi. Sa di rischiare grosso (gli italiani stanno dimostrando di amare la coerenza e il decisionismo non avventurista). Oggi il Governo giallo-blu costerebbe alla Lega la faccia (e diversi voti) e favorirebbe i gialli, che andrebbero al Governo scongiurando la mancata conferma del successo di poche settimane fa. Per giunta ottenendo la palma dei responsabili e rispettosi delle prerogative (incerte) del Presidente della Repubblica. Quasi a dimostrare che sanno stare al gioco, dunque possono entrare nel club. Inoltre il via libera al governo con i gialli senza il professor Savona costerebbe alla Lega l’ammenda per la designazione fatta e l’ostracismo per una delle menti economiche più brillanti. Una mente che la tecnocrazia Ue, in primis belga e tedesca, non sopporta, mentre migliaia di italiani, ora, considerano la sua nomina all’economia la Maginot di quanto rimane della sovranità nazionale italiana.
A Salvini dunque il cerino di portare alle elezioni, dando fuoco a un incendio che potrebbe essere il rogo su cui verrà consumato o forse il fuoco sacro del nuovo centrodestra. Per aiuto rimane solo riflettere sul brocardo “audentes fortuna iuvat”.
di Flavio de Luca