mercoledì 30 maggio 2018
Una decisione improvvida, una scelta frettolosa, un ripensamento pericoloso. Parlo del “No” del capo dello Stato al Governo Lega-Movimento 5 Stelle, dell’incarico a Carlo Cottarelli, dell’idea di elezioni il 29 luglio. Si sa cosa ha spinto all’improvvitudine, si può immaginare cosa alla fretta, ma la ragione del ripensamento può solo immaginarsi.
Quel “No”, che doveva preservare da tonfi di Borsa e impennate dello spread, si è rivelato un boomerang e ha spaccato la Nazione. L’errore di valutazione non è stato solo del Presidente della Repubblica, ma più di quel gruppuscolo di consiglieri, più o meno titolati, di quegli Uomini Erasmo che parlano di potere, amano il potere ma non ci mettono mai la faccia. Perché vogliono rimanere nell’ombra, sapendo che il potere disvela. E disvelarsi è ciò che a costoro fa più paura.
La popolarità del capo dello Stato è ai minimi. Quella che è vera opinione pubblica, non semplice assembramento di piazza (reale o virtuale) che si compone e scompone nel volgere di poche ore, lo critica ferocemente. Sovente oltre il consentito. L’Europa non aiuta il nostro Presidente (come non l’ha aiutato Emmanuel Macron con il suo plauso). Perché si tratta di Soloni, che si lanciano in dichiarazioni che si commentano da sole. E fanno seguire scuse che aggravano la superficialità delle loro parole.
Silvio Berlusconi fu crocifisso per l’impennata dello spread (e solo ora si ammette che tutto dipese dalla decisione della Banca Tedesca di inondare il mercato di titoli italiani). Oggi ci risiamo, seppure per ragioni meno politiche e più finanziarie, dopo il no di Mattarella a Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Ammettiamolo: se colpa c’è stata, è solo non aver previsto l’impatto sull’opinione pubblica della decisione presa.
Chissà se non nasca proprio da qui l’idea di elezioni immediate (29 luglio?) ovvero nella reazione di una opinione pubblica che evidenzia la spaccatura del Paese a causa della decisione di chi, per dettato costituzionale, dovrebbe rappresentare e preservare l’unità nazionale.
La richiesta di impeachment di Mattarella perde vigore. Era prevedibile, alla luce del disinteresse di Salvini, che si è guardato dal dare sponda a Di Maio. E perché, di fronte alla previsione di un esercizio tanto inusuale dell’articolo 88 della Costituzione, non ce n’è più convenienza. Rimane però l’opportunità di chiarire i rapporti fra natura della proposta del Presidente del Consiglio incaricato e nomina da parte del capo dello Stato a proposito dei ministri. Diversamente, potremmo trovarci di fronte a problemi più seri a breve.
di Flavio de Luca