Prelievo pensionati: forzatura dell’Inpgi

venerdì 11 maggio 2018


Ore contate per il prelievo sulle pensioni dei giornalisti che l’Inpgi ha chiamato “contributo di solidarietà”. Oltre 1200 giornalisti hanno presentato ricorso al Tar che deve decidere se l’istituto di previdenza aveva o meno il potere d’imporre in via amministrativa un prelievo sugli assegni mensili. Il provvedimento è in vigore dal primo gennaio 2017 con una durata di 3 anni.

I pensionati sono in attesa della chiusura del primo round che avverrà a giorni con il deposito della sentenza dopo l’ultima udienza del 20 febbraio. Se i pensionati vinceranno l’Inpgi ha già fatto sapere che ricorrerà al Consiglio di Stato. La trattenuta per le pensioni superiori a 38mila euro lordi l’anno intanto continua nonostante l’articolo 23 della Costituzione stabilisca che per l’imposizione di prestazioni patrimoniali occorre l’ok del Parlamento così come avvenuto per i prelievi del 2011 (ministro Giulio Tremonti) e del 2014 (premier Enrico Letta). La Corte costituzionale ha già deciso che il prelievo è una prestazione patrimoniale soggetta a riserva di legge e non un provvedimento amministrativo come ha inteso il vertice dell’Inpgi.

Ma cosa sta succedendo all’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani? Il disavanzo 2017 è di 134 milioni di euro, frutto di un “costante peggioramento” dei conti e di una riforma voluta tenacemente dalla maggioranza del Cda che non riesce a dare i risultati sperati. Primo bilancio in perdita, pertanto, nella storia dell’istituto a causa dello sbilanciamento tra entrate contributive e prestazioni previdenziali. Il Collegio sindacale dell’Inpgi ritiene allora che sia indispensabile rimettere mano al bilancio tecnico e monitorare gli effetti della riforma previdenziale.

Non è soltanto questione di affidarsi agli “esperti attuariali”, ma di scelte politiche. Il numero degli attivi registra una diminuzione di ulteriori 889 unità, che porta il numero totale dei giornalisti con contratto a 15.011, con una flessione del 5,45 per cento rispetto al 2016. Negli ultimi 5 anni i giornalisti attivi sono diminuiti di circa 3mila unità mentre solo nel 2017 sono stati erogati 7mila trattamenti a titolo di ammortizzatori sociali. In conseguenza della perdita netta di bilancio si è ridotto anche il patrimonio netto contabile di circa 317 milioni fermandosi a 1.735,4 milioni con uno scostamento sulle previsioni del 16 per cento.

Preoccupano la tenuta dei conti e la “sostenibilità” della gestione per i prossimi anni, tanto che le proiezioni fatte dal perito Micocci dovranno essere riviste. È scattato l’allarme per la riserva tecnica che per legge deve coprire 5 annualità di pensione. Si è verificato per il 2017 che l’Inpgi è stato costretto a vendere quote del patrimonio finanziario e immobiliare per pagare le pensioni e le spese di gestione. Gli incassi del Fondo Amendola sulle vendite vanno a rilento tanto che sono entrati nelle casse dell’istituto solo 85,5 milioni di euro dei 135,5 previsti. “Un risultato decisamente deludente, ha osservato la consigliera Alessandra Spitz, se confrontato con le stime della Srg che prevedeva vendite per 279 milioni entro la fine del 2017”.

Secondo la presidente Marina Macelloni la crisi industriale è un problema che riguarda tutti gli attori del sistema e quindi non è più rinviabile una legge di sistema per l’editoria. Il bilancio è stato approvato con 13 voti favorevoli e due contrari, quelli di Carlo Chianura e Paola Cascella, per segnalare l’urgenza di un radicale cambio di passo da parte di chi ha la responsabilità di risanare l’istituto.


di Sergio Menicucci