Legati a 5 Stelle

mercoledì 9 maggio 2018


Nel nostro articolo del 24 aprile ci avevamo visto lungo quando scrivevamo che “Matteo Salvini ha preso una enorme e inspiegabile sbandata per Luigi Di Maio e, per la fregola di concludere con l’amato partner, pretendeva di organizzare la festa di fidanzamento trattando i suoi alleati come si fa con i parenti ingombranti che è bene relegare in cucina nelle occasioni ufficiali”.

Diciamocelo chiaramente, questo amore Sergio Mattarella lo ha presagito e per questo ha messo in piedi un’alcova chiamata Governo neutro, una sorta di manovra dilatoria per dare il tempo a Matteo Salvini di rompere con Silvio Berlusconi e formare un Esecutivo politico con i pentastellati. E infatti da ieri sono iniziate le provocazioni di Giancarlo Giorgetti alla disperata ricerca di un casus belli buono per rompere la coalizione. Si inizia con le istigazioni a salve: “Considereremmo chiusa l'alleanza con Forza Italia qualora il partito di Berlusconi votasse la fiducia al Governo di tregua”. Parole proferite senza che nessuno dal partito del Cavaliere avesse manifestato l’intenzione di appoggiare il Governo tecnico.

Poi, in serata la supplica al vecchio padre di non contrastare l’amore tra Montecchi e Capuleti: “continuiamo a chiedere a Silvio Berlusconi un gesto di responsabilità in modo da permettere la nascita di questo esecutivo, una forma di coinvolgimento di Forza Italia che sia compatibile con la presenza del Movimento 5 Stelle”.

In pratica una umiliante e irricevibile richiesta di appoggio esterno che risulta ancor più provocatoria perché da Forza Italia c’è già stata la disponibilità a prendere in considerazione un governo con i grillini mentre è dal Movimento Cinque Stelle che giungono i veti più feroci e perentori. A questo punto Berlusconi non può far altro che irrigidirsi o in alternativa dare il via libera all’appoggio esterno scommettendo quindi con cattiveria sulla rapida implosione di un Governo gialloverde che gli riconsegnerebbe il centrodestra al grido di “ve lo avevo detto io”. 

Chiaro che solo il tempo ci dirà se Matteo Salvini avrà l’ardire di mettere in gioco l’intera coalizione – che sfiora il quaranta percento – nel nome di un’alleanza con i Cinque Stelle che nella migliore delle ipotesi rischia di rivelarsi solo un flop di governo mentre nella peggiore delle ipotesi rischia di ridimensionare il perimetro elettorale della Lega fatto di molti consensi dati al Carroccio proprio perché è nel centrodestra. Che la coalizione imploda o meno, resta l’amarezza di dover constatare che alcuni soci fondatori potrebbero restarvi dentro per calcolo più che per convinzione. E resta anche l’amarezza di non aver capito fino in fondo l’essenza del nuovo corso salviniano che getta sul tavolo un interrogativo atroce: come si fa a pensare di avere punti in comune con i Pentastar e contemporaneamente definirsi di centrodestra?

Due gusti così antitetici da far presagire una sorta di bisessualità politica, una simultanea preferenza per due mondi a tal punto inconciliabili da far pensare a Matteo Salvini come a una specie di dottor Jekyll e mister Hyde che di giorno si allea con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni mentre di notte amoreggia con Giggino da Pomigliano.

Perché – e non ci stancheremo di ripeterlo – quella tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio è affinità autenticamente percepita dai due e non tentativo coatto dettato dalla necessità di stare insieme. Per carità, ognuno ha i suoi gusti e tutti sono rispettabilissimi; non siamo qui per giudicare e non lo consideriamo uno scandalo ma unicamente una sovrapposizione di orientamenti radicalmente eterogenei, un outing a sorpresa. Ci limitiamo a fare mea culpa per non aver compreso prima le inclinazioni di Matteo Salvini pensando che costui fosse semplicemente di centrodestra e non contemporaneamente anche affine ai grillini.

 


di Vito Massimano