mercoledì 9 maggio 2018
Avviata la procedura per il rinnovo del Consiglio di amministrazione della Rai. I tempi saranno lunghi, anche per la situazione politica-parlamentare. Entro venti giorni dovranno essere presentate a Montecitorio e a Palazzo Madama le autocandidature (la prima è stata quella di Michele Santoro) che contribuirebbero alla scelta dei 4 consiglieri di pertinenza.
Le altre novità, fissate dalla Legge Renzi del 2015 che riformava alcune disposizioni della Legge Gasparri, sono il referendum per la nomina di un consigliere scelto dai dipendenti con contratto a tempo indeterminato da almeno 3 anni e la nomina di due consiglieri da parte del Consiglio dei ministri su indicazione del ministro dell’Economia.
Il nuovo vertice di viale Mazzini (in autunno o primavera 2019) sarà composto non più da nove membri ma da sette. Il vecchio Cda scade il 30 giugno e si congeda con l’approvazione di un bilancio positivo. Il 2017 si è chiuso con un utile inatteso di 14,3 milioni, un po’ meglio dell’anno precedente e in leggero regresso per l’anno in corso.
La gestione degli ultimi due trienni (Anna Maria Tarantola presidente, Luigi Gubitosi direttore generale fino al 2015 e Monica Maggioni presidente, Antonio Campo Dall’Orto direttore generale prima di Mario Orfeo) non è stata tranquilla. Gli strali di Matteo Renzi prima e quelli dei Cinque Stelle dopo hanno provocato un percorso a ostacoli ai quali si sono aggiunte alcune decisioni interne che hanno provocato contrasti e polemiche. Dopo aver assunto l’ex editorialista del Corriere della Sera Carlo Verdelli il suo piano di riforma delle news è stato bocciato e quindi si è dimesso, contrastati i “lauti” rinnovi contrattuali a Fabio Fazio e a Bruno Vespa (che da giornalisti hanno firmato accordi da lavoratori dello spettacolo), dimissioni polemiche di Milena Gabanelli che dopo aver lasciato Report le era stato promesso, ma non mantenuto, un ruolo operativo e autonomo per lanciare il web digitale, dimissioni di Massimo Giletti al quale tolta “L’Arena” domenicale erano state proposte 12 prime serate d’intrattenimento (ma ha scelto un’altra strada passando a La7). Prima se n’era andato anche Giovanni Floris.
Il consiglio di amministrazione (composto da Monica Maggioni, Arturo Diaconale, Rita Borioni, Marco Fortis, Carlo Freccero, Guelfo Guelfi, Giancarlo Mazzuca, Paolo Messa, Franco Siddi) ha portato a termine alcune operazioni che consentono alla Rai di guardare in prospettiva. Nel 2016 è stata rinnovata la concessione in esclusiva, per la durata di 10 anni a partire dall’aprile 2017, dell’esercizio del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale. Il secondo elemento è il rafforzamento del successo della fiction nella quale la Rai investe il 70 per cento della produzione nazionale. Il terzo aspetto riguarda il consolidamento della base degli abbonati passati da 16,5 a 22 milioni di famiglie e questo grazie al passaggio del pagamento del canone (ridotto a 90 euro l’anno) sulla bolletta elettrica.
I critici non mancano. In realtà l’informazione Rai si è confermata, in un periodo di grandi contrasti politici, sostanzialmente “affidabile”, anche se sarà difficile anche in seguito estirpare il male originario dell’ingerenza dei partiti nelle cose di viale Mazzini. Punti critici sono la scarsa innovazione e i ritardati cambiamenti tecnologici (gran parte delle dirette televisive sono effettuate con le valigette di ditte in appalto).
L’azienda ha fatto registrare nel 2017 ricavi esterni per 2.627 con un costo del personale (12.003 di cui 700 a tempo determinato) alto a 928 milioni di euro nonostante la diminuzione dei ricavi da canone passati da 1.909 miliardi del 2016 a 1.776. Il miglioramento dei conti è stato ottenuto con risparmi di spese, considerando che i ricavi pubblicitari in assenza dei grandi eventi sportivi si sono fermati a 647 milioni di euro.
di Sergio Menicucci